Resti umani cremati rinvenuti in una cassa di ceramica in Cina potrebbero essere addirittura attribuiti al Buddha.
La scoperta è avvenuta nel corso di scavi cominciati cinque anni fa nei pressi del villaggio di Gongchi, nella contea di Jingchuan. Inizialmente destinati a semplici riparazioni stradali, i lavori hanno attirato sul posto gli archeologi dopo il rinvenimento di un tesoro risalente a mille anni fa.
Gli studiosi si sono imbattuti in quello che sembra essere il sepolcro del fondatore del buddhismo, vissuto in India 25 secoli fa, corredato da ben 260 statue. In un cassone di ceramica hanno trovato resti umani cremati e un'iscrizione che rimanda all'anno 1013 e recita: «I monaci Yunjiang e Zhiming della scuola Lotus hanno raccolto oltre duemila pezzi di sharira così come denti e ossa del Buddha, e li hanno seppelliti nel tempio».
Nell'antica tradizione buddhista, le sharira sono reliquie molto particolari, non descrivibili esattamente come resti dei corpi di persone venerabili, bensì come escrezioni conseguenti alla cremazione che avrebbero poteri particolari. Ma la tradizione fa un'eccezione per la persona del principe Siddharta Gautama, conosciuto come Buddha («l'Illuminato»), definendo sharira anche i suoi resti corporei. In questo caso c'è comunque anche un riferimento diretto a «denti e ossa» del fondatore del buddhismo che si troverebbero nella cassa.
Non si tratterebbe in ogni caso di una novità assoluta, perché i fedeli buddhisti venerano da millenni due famose reliquie del loro maestro: un dito, conservato sempre in Cina nei pressi di Pechino, e un dente venerato nel tempio di Kandy nello Sri Lanka.
In particolare, il famoso dente di Buddha è meta di pellegrinaggi frequentatissimi. Il tempio dove è custodito sorge all'interno del Palazzo reale di Kandy, al centro della città cingalese. Questo perché la reliquia del celebre maestro ed asceta divenne presto simbolo e strumento di legittimazione al potere regale. Secondo la leggenda, alla morte di Buddha il suo corpo fu cremato su una pira di legno di sandalo a Kusinara in India, ma il suo dente canino sinistro fu recuperato da Arahat Khema che lo affidò al re Brahmadatte.
La reliquia divenne non soltanto proprietà del re, ma anche simbolo e base di legittimazione del diritto del re di governare la sua terra, tanto che per assicurarsi il possesso della reliquia, che era conservata nella città di Dantapuri (l'attuale Puri nello stato indiano di Orissa), furono combattute delle guerre.
Nel IV secolo la reliquia apparteneva al re Guhasiva di Kalinga, il quale,
temendo che potesse finire nelle mani dei suoi nemici, la affidò a sua figlia, la principessa Hemamali, che insieme al marito Dantakumara trasportò segretamente il dente in Sri Lanka nascondendolo nella propria acconciatura.
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