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Scoppia il caso Bossi tenuto lontano dal palco: "È l'ora di andarmene"

L'ira del fondatore: "Mai aspettato niente da chi tradisce il Nord. È un raccontaballe"

Scoppia il caso Bossi tenuto lontano dal palco: "È l'ora di andarmene"

«Ho migliaia di firme che chiedono di farmi parlare».

Chissà se siano veramente migliaia o solo qualche fedelissimo, l'esercito che Umberto Bossi, relegato in un angolo dietro il palco, sogna per vendicare l'umiliazione di non aver avuto diritto di parola a Pontida (mai successo). «Non mi sono mai aspettato niente da Salvini. Non mi aspetto niente da uno che tradisce il Nord, è un raccontaballe», lo apostrofa l'ex segretario federale.

Chi ha parlato con lui racconta di un Bossi molto amareggiato per la decisione di Salvini. All'inizio, anche se il suo intervento non era in scaletta, il fondatore del Carroccio pensava che due minuti gli sarebbero stati concessi. Invece non è stato neppure nominato da chi ha parlato, solo un ringraziamento di Salvini «a chi prima di me ha avuto onere e onore di essere segretario di questo meraviglioso movimento». Il leader della Lega, dice Bossi, gli avrebbe spiegato la scelta perché «non voleva farmi fischiare», e poi «nei momenti importanti parla uno». In realtà sembra che da diversi giorni, già prima del blitz giudiziario sulle casse del partito, Salvini avesse deciso una scaletta diversa dal solito, senza la tradizionale sfilata di dirigenti, segretari, capigruppo, ma solo lui e i tre governatori. E niente Bossi. Per il vecchio capo, «è un segnale che devo andarmene via». Dove, non si sa.

Non è certo la prima volta che Bossi annuncia un'imminente uscita dalla Lega, che poi puntualmente non mette in pratica. Certo, un suo seguito di bossiani irriducibili ce l'ha ancora, alla cena di Macherio l'altro giorno per l'anniversario della dichiarazione di secessione a Venezia nel '96, c'erano duecento persone (molti reduci della sua Lega, da Speroni a Leoni). E anche a Pontida, raccontano alcuni dirigenti, diversi militanti chiedevano spiegazioni dispiaciuti per l'assenza di Bossi sul palco. «Pontida è Bossi commenta Roberto Maroni -. La decisione è stata presa dal segretario Salvini. Ma per me Bossi a Pontida ha sempre diritto di parola».

Anche l'ex sfidante di Salvini al congresso federale, l'assessore lombardo Gianni Fava, è sulla stessa linea: «Bossi non può pensare di tornare a fare il segretario, ma questo non significa cancellare il suo merito storico, è un atto di miopia che dimostra scarsa lungimiranza politica. Non far fare a Bossi nemmeno un saluto è sbagliato. Se siamo a Pontida è grazie a lui». Il rischio che però Bossi sul palco criticasse la linea politica di Salvini, come ha fatto tutte le altre volte che ha potuto, era concreto. E il segretario ha ritenuto che con la Lega sotto attacco della magistratura (per giunta, proprio per la gestione dell'epoca Bossi) non fosse il caso di aprire il fronte delle polemiche interne. Peraltro, il sequestro dei conti tocca anche il Senatùr. Molte spese personali, raccontano fonti leghiste, sono ancora a carico del partito visto che è malato (la persona che lo assiste, l'auto, la benzina, etc), anche se il budget è stato drasticamente ridotto rispetto al passato.

Se il Carroccio non ha più soldi, non li ha neppure per Bossi. Motivo in più per «andarsene»?

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