La leader del partito dei patrioti esclusa dalla festa della Repubblica. Giorgia Meloni resta fuori dalla lista degli invitati alla tradizionale sfilata delle forze armate ai Fori Imperiali, nel cuore della Capitale. Esclusa, sulla carta, insieme con gli altri leader di partito. Nei fatti però l'unica dei capi politici a non partecipare. Già, perché ci saranno, ma per gli altri ruoli che ricoprono, Nicola Zingaretti in quanto governatore del Lazio, Matteo Salvini come ministro dell'Interno, Luigi Di Maio in quanto vicepremier, Antonio Tajani da presidente del Parlamento europeo.
La leader di Fdi è furiosa e su Facebook attacca la ministra della Difesa Elisabetta Trenta e la sua «festa dell'inclusione», il tema scelto quest'anno per la celebrazione: «La Trenta mi esclude dalla parata del 2 giugno? Mi dispiace che un ministro confonda le sue simpatie politiche con i ruoli istituzionali e politici. Un evento importante come la festa della Repubblica non appartiene a lei e a chi le sta simpatico. Ma alla nazione nel suo complesso. Io rappresento milioni di italiani e la Trenta non li rispetta. Non posso accettare - continua Meloni - che le forze armate, orgoglio della nostra nazione, siano derise e sbeffeggiate da un ministro che vorrebbe vedere i nostri soldati fare le torte e non fare i militari. Da italiana e da patriota non mancherò mai di sostenere le nostre Forze Armate». Fonti della Difesa fanno sapere: «Alla segreteria dell'onorevole Meloni, dietro esplicita richiesta della segreteria stessa, sono stati consegnati diversi inviti per partecipare alle celebrazioni del 2 giugno. Inviti ritirati stamani (ieri per chi legge, ndr) dai suoi collaboratori». Altri inviti anche ai parlamentari: «La tribuna presidenziale - sottolineano le stesse fonti - accoglie le cariche istituzionali, non politiche. Evidentemente l'onorevole Meloni intendeva dunque riferirsi al mancato riscontro ricevuto rispetto alla sua richiesta di sedere, appunto, nella tribuna presidenziale. Non da quest'anno, ma da anni i capì dei partiti politici non ricevono più un invito speciale».
Ma le polemiche sono molto più ampie, innescate ancor prima dalla defezione di tre generali, tra cui l'ex capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, che si sono autoesclusi per protesta dalla parata. «Troppe le disattenzioni del governo nei confronti dei temi della Difesa», ha scritto Camporini. Ma i vertici militari non ci stanno. «Lo Stato Maggiore della Difesa - recita una nota - si dissocia da ogni polemica o presa di posizione personale che possa minare la coesione politico-istituzionale necessaria per il regolare svolgimento dei compiti propri delle Forze Armate».
L'insofferenza espressa dai tre militari regala a Salvini l'assist per pungere la collega, con cui in questi mesi non sono mai mancate tensioni su navi e migranti: «Penso che sia dovere di un ministro essere sempre e comunque al fianco delle proprie donne e dei propri uomini - ha detto - Se qualcuno non c'è, evidentemente, è perché non ha sentito sempre questa presenza e questa vicinanza». Alla parata non ci sarà neanche l'ex titolare della Difesa, Ignazio La Russa: «In questi anni sono sempre andato d'accordo con tutti i ministri che sono arrivati dopo di me, ma chi come il ministro Trenta pensa di trasformare le Forze armate in Peace&Love, mancando di rispetto ai nostri uomini e alle nostre donne in divisa, non merita niente».
Sulla polemica della partecipazione interviene anche la capogruppo di Fi alla Camera, Mariastella Gelmini: «Non vorrei che alla base della querelle sulle partecipazioni ci fosse l'annoso dilemma di morettiana memoria: mi si nota di più se vado o non vado?». Toccherà a 300 sindaci di altrettanti comuni italiani aprire la parata. Suggello di una festa che si lascia dietro altre divisioni.
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