Le scuole tremano: 31mila a rischio crollo

I geologi avvertono: "Nulla è stato fatto dopo le tragedie degli anni passati". Ma incuria e abusivismo edilizio continuano

Le scuole tremano: 31mila a rischio crollo

Milano - Stragi come quelle della scuola di San Giuliano di Puglia, (in Molise) dove il 31 ottobre 2002 il terremoto uccise ventisette bambini e una maestra. E altre stragi evitate solo perché il sisma distrusse le scuole in piena notte, come nel 2009 in Abruzzo e nel 2012 in Emilia. La cronaca recente d'Italia è piena di storie di edifici scolastici che si sgretolano sotto scosse di terremoti prevedibili e a volte previsti. Ma nulla è cambiato, e oggi un numero impressionante di scuole continua ad essere esposta allo stesso rischio. Ventiquattromila istituti che sorgono in territori dove le probabilità di terremoti è elevata.

È un allarme di quelli che di soliti vengono riesumati all'indomani delle tragedie: e che fanno parlare i giornali di «tragedia annunciata». Ieri i geologi italiani hanno provato a giocare d'anticipo e a richiamare l'attenzione sui punti critici della prevenzione sismica, ma anche del rischio idrogeologico: ma i numeri contenuti nel rapporto sono talmente elevati da autorizzare il pessimismo, perché arrivati a questo punto solo una titanica impresa di ristrutturazione e la dislocazione di intere popolazioni potrebbero rimediare ai danni dell'incuria e dell'abusivismo. Basti pensare alle centinaia di migliaia di esseri umani che vivono nell'area a ridosso del Vesuvio, un gigante dormiente da secoli ma pronto a risvegliarsi in qualunque momento con effetti catastrofici.

Nei dati diffusi ieri dal Consiglio nazionale dei Geologi, in una serie di iniziative in diverse piazze italiane dove sono state esposte le carte geologiche del paese e spiegate le tecniche in grado di prevedere gli eventi più devastanti, il dato sulle scuole a rischio è quello più angosciante, anche perché ai ventiquattromila edifici a rischio sismico vanno aggiunti i 7.100 esposti a disastri idrogeologici, ovvero frane e allagamenti. «Nel 2014 - spiega Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei Geologi - abbiamo avuto ancora vittime e danni alle infrastrutture molto importanti». «La stima della popolazione a rischio alluvioni in Italia - spiega Graziano - è pari a 8 milioni e 600mila abitanti nello scenario di pericolosità idraulica media». Sono numeri talmente impressionanti da domandarsi come il problema possa essere concretamente affrontato. E la risposta di Michele Orifici, coordinatore della commissione Protezione civile del Cng, è: «Un piano di lungo periodo per la messa in sicurezza di settori sempre più ampi di territorio è doveroso. Ma il fronte più immediato su cui intervenire, in grado di dare grandi risultati, è l'educazione al rischio. Nessuno sa come comportarsi davanti a un terremoto, eppure ci sono comportamenti in grado di limitare i pericoli. E questo è ancora più vero in caso di alluvioni: basti guardare cosa è accaduto in Liguria, dove un uomo si è fermato in motorino a guardare il fiume in piena, ed è stato travolto; o in Sardegna dove alcune persone sono morte negli scantinati dove si erano rifugiate. Spiegare che quando inizia a piovere in un certo modo bisogna portarsi nei piani alti sembra una banalità, ma salverebbe vite umane».

Per questo, spiegano i geologi, sarebbe essenziale che i piani comunali per la Protezione civile addestrassero, soprattutto nelle zone a

maggiore rischio, la popolazione, con esercitazioni e simulazioni, a come reagire alle emergenze: «Ma in buona parte dei Comuni - spiega Orifici - i piani non esistono nemmeno». E pensare che sarebbero obbligatori per legge.

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