Morire per colorare di russo uno spazio piccolo piccolo sulla cartina. Dopo cento giorni di combattimenti feroci, le truppe di Mosca controllano circa il 20 per cento dell'Ucraina. Insomma, centomila chilometri strategici, più o meno un terzo dell'Italia, per tentare un paragone.
È che il parallelo proprio non funziona se lo si applica alla madrepatria che ha dato il via alle ostilità: la Russia è un Paese sterminato, il più grande della terra con oltre 17 milioni di chilometri quadrati di superficie. Che cosa sono centomila chilometri se messi a confronto di quei 17 e passa milioni? Nulla, meno dell'1 per cento. Briciole. Virgole che non giustificano i massacri, il dolore, il gelo con la comunità internazionale. Anzi, per dirla tutta, certe scelte paiono ancora oggi un mistero difficilmente comprensibile.
Poi è vero che la geografia è solo un lato della realtà: poi ci sono l'orgoglio e il Donbass, le minoranze russofone e le materie prime, l'apertura di un corridoio verso la Crimea e il sogno di piantare la bandiera a Odessa. Tutto vero e però il territorio ritorna prepotente e detta le misure di questa follia: il Paese è grande 56 volte l'Italia e 47 la Germania, la Russia occupa più di un decimo delle terre emerse, ha una taglia extralarge e stravince per distacco il duello anche con i big come Usa, Canada, Brasile, Cina; confina con la Finlandia e la Norvegia, ma dall'altra parte del mondo sfiora il Giappone. Da Kaliningrad, l'enclave che fu la città di Kant incastrata fra Polonia e Lituania, alla Kamchatka, ci sono undici fusi orarie e dieci ore di differenza.
Naturalmente questo paradosso può essere rovesciato: è quasi impossibile sconfiggere un impero così grande, che non conosce confini, in grado di assorbire i colpi della storia come insegnano le apparentemente vincenti e disastrose spedizioni di Napoleone e Hitler.
Ogni conquista è un granello sulla pelle di un colosso, ogni tentativo di conquistarla è una sfida temeraria alla natura, alle stagioni, al clima che perfora ogni corazza e buca ogni scudo. La Russia è troppo grande e forse uno sguardo alle mappe vale come un'iniezione di realismo. La geografia può intrappolare e annebbiare le menti più acute, ma prima o poi presenta il conto: un Paese così largo e lungo non può perdersi per una, due o tre province che sul mappamondo quasi non si vedono, sarebbero la punta degli artigli dell'orso; d'altra parte logorare forze così assortite pare un'impresa impossibile o quasi.
Lente avanzate e fugaci controffensive. Lo stallo è una realtà che si affaccia in un conflitto che potrebbe andare avanti per mesi. La geografia dovrebbe insegnare qualcosa da una parte e dall'altra. Qualche compromesso. Qualche aggiustamento. Qualche concessione. Trattare col nemico è un'arte difficilissima, ma numeri e dimensioni così esagerati impongono uno sforzo supplementare. La Russia cerca nella storia e nelle sue contraddizioni un punto di equilibrio e un modo per convivere con quel corpo enorme, espressione di potenza e fragilità, attitudine al comando e vulnerabilità. I secoli e le potenze hanno giocato invece con la geografia dell'Ucraina che è stata cancellata, spartita, ricomposta, smembrata. Se i leader non si impiccheranno all'ostinazione delle rispettive ali estreme, offuscate dal veleno dell'ideologia, forse la geografia rappresenterà una via d'uscita e offrirà soluzioni ragionevoli e non umilianti. Certo, il diritto deve essere salvaguardato come il riconoscimento dei torti e delle colpe. Le distanze aiutano a capire e forse possono essere invocate per fermare le violenze che, spalmate su profondità così insondabili, paiono ancora più insensate e inaccettabili.
Si può convivere senza smarrire la dignità, a maggior ragione con pianure senza orizzonte, protese per migliaia di
chilometri. Qualche lembo insanguinati di terra non vale certo il rischio, agghiacciante, di una Terza guerra mondiale. Chissà che sulla carta non si individui una mediazione che ponga fine alla notte inattesa dell'Europa.
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