La trattativa sulle alleanze continua con una nuova ipotesi sul tavolo: se Forza Italia e Lega chiudono l'accordo in Veneto, il Carroccio può aiutare gli azzurri evitando di presentare una propria lista in Campania. Una bella mano visto che sotto il Vesuvio il simbolo «Noi con Salvini», creatura leghista per sfondare nel Mezzogiorno, può valere fino al 4 per cento. Sui dati non c'è certezza e qualche forzista tende a sgonfiare la cifra parlando di una forbice che va dall'1,5 per cento al 2,5. Tuttavia, accreditando un già ottimo 3 per cento, è chiaro che la decisione di non giocare la partita sarebbe un gran bel regalo a Caldoro. Il quale, ora, pare sia in vantaggio sul rivale piddino De Luca di soli 3 punti percentuali. Proprio quei 3 punti che la truppa salviniana drenerebbe all'elettorato moderato mettendo nei guai il candidato azzurro. Cosa che Berlusconi non vuole assolutamente.
Ecco perché ci si muove a passi felpati e con i nervi tesi. Ed ecco perché, nel fronte leghista, non aveva fatto piacere la recente intervista di Caldoro molto critica sul leader della Lega; come a dire: «Noi stiamo cercando di darti una mano prendendo in considerazione l'ipotesi di non partecipare alla partita per farti vincere e tu ci bastoni?». Insomma, il gioco delle alleanze sembra una partita di shangai dove bisogna stare attentissimi a non toccare il bastoncino sbagliato; perché tutto si tiene, tutto è correlato e uno strappo in Veneto potrebbe avere, a cascata, effetti negativi anche in Campania. E Berlusconi alla Campania tiene particolarmente. Pertanto il Cavaliere continua a predicare l'unità del centrodestra, specie laddove già si governa assieme come appunto in Veneto.
Poi, ovviamente, c'è la tattica; la voglia di mostrare i muscoli giocando sulle minacce più o meno convincenti. Un esempio è il colloquio davanti a un espresso tra la senatrice azzurra Mariarosaria Rossi e il dissidente leghista Flavio Tosi. Un faccia a faccia che fa prefigurare un accordo tra Fi e il dissidente del Carroccio? «Un caffè con Tosi? La caffeina va venire l'agitazione...» dice con una battuta il candidato verde Luca Zaia; il quale però, comincia a spazientirsi. Le trattative vanno un po' troppo per le lunghe e lui vorrebbe chiudere in fretta anche perché più passa il tempo più si perde credibilità agli occhi degli elettori. Tesi condivisa anche dai forzisti; soprattutto veneti. Così, Zaia detta alle agenzie di stampa una dichiarazione al miele, nel tentativo di sbloccare l'accordo: «In questi 5 anni con Fi abbiamo lavorato bene e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: stiamo da giorni discutendo con la dirigenza veneta e in particolar modo con il coordinatore, Marco Marin, di programmi e progettualità, per cui considero questa partita pronta ad essere chiusa». Già, pronta ma ancora non chiusa. «Se non si chiudesse, sicuramente non dipende dalla volontà dei veneti di Lega e Fi ma da qualche diktat che arriva da Roma. Se da parte di Fi ci sono altri obiettivi o altri percorsi, è chiaro che non vengono dal Veneto ma da fuori», conclude Zaia.
Nell'attesa della «quadra», il Cavaliere esulta per l'esito delle elezioni in Israele: «Il successo di Benjamin
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