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Se la colpa è di chi vende armi e non di chi le usa

È la dittatura del politicamente corretto, ove primeggia il reato di islamofobia, che sta aprendo al terrorismo islamico sempre più vaste riserve di caccia.

Se la colpa è di chi vende armi e non di chi le usa

La corsa ad affermare, in prima battuta, che la sparatoria di San Bernardino era attribuibile al «terrorismo interno» in modo da tener fuori da subito quello islamico, richiama alla mente Pavlov. Riflessi condizionati - gli stessi del cane al suono della campanella. Attivatisi nuovamente quando cominciò ad esser chiaro che c'era di mezzo l'«Allah Akbar», il grido di morte che introduce le mattanze di mano islamica.

A quel punto, per distrarre l'attenzione dalla assai probabile natura jihadista del massacro il Giornalista Collettivo ha chiamato in causa la liberalità americana nel commercio al minuto delle armi. Ciò che gli ha consentito di volgere la figura di Syed Farook e sua moglie Tashfeen Malik da coppia killer in sospetto di terrorismo a vittime della «shopping addiction», del deprecato consumismo. Secondo questo balordo ragionamento: se è così facile avere un'arma, se te la puoi mettere nel carrello al supermercato, come si fa poi a biasimare chi gli mette il colpo in canna e spara?

Insomma, visto che non ci si trova di fronte a un episodio di «terrorismo interno», nel qual caso si sarebbe invocata la forca senza pensarci due volte, la colpa di ciò che è avvenuto a San Bernardino è di chi vende le armi (e quindi dell'America) e non di chi le adopera (quindi del terrorismo islamico).

Alla più ovvia delle obiezioni e cioè che i tagliagola del Bataclan i kalashnikov li avevano reperiti comunque, anche nell'Europa molto severa sul commercio delle armi da fuoco, risposta pronta: «Ovunque, come abbiamo visto a Parigi, un criminale può trovare un'arma. Ma in nessun'altra nazione che si vuole civile, tante armi possono trovare un criminale» (Vittorio Zucconi; La Repubblica, ovvio). Squinternato sillogismo che riduce la strage di San Bernardino a esito di un dato statistico e non, come qualche bieco islamofobo pretenderebbe, ad esemplare espressione di quel che è, di quel che vuole la jihad islamica.

Nelle cronache relative alla mattanza c'è un particolare che dovrebbe far riflettere e non solo gli americani: un vicino di casa di Farook e Malik ha raccontato d'aver notato nei giorni precedenti all'attentato un insolito viavai di persone non del luogo e con fisionomia mediorientale. Ma di non averlo segnalato alla polizia, cosa che forse avrebbe scongiurato la morte di 14 persone, per non incorrere nel rischio di passare per «islamofobo discriminazionista».

Altro che libera vendita di armi da fuoco: è la dittatura del politicamente corretto, ove primeggia il reato di islamofobia, che sta aprendo al terrorismo islamico sempre più vaste riserve di caccia.

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