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Se il coniglio diventasse leone

Marino e la sua squadra sono di fatto stati giudicati incapaci di intendere e volere ma rimarranno al loro posto

Se il coniglio diventasse leone

Roma è mafiosa ma solo a metà, o se preferite solo un po'. È questa la ridicola conclusione della commissione che sotto la guida del ministro degli Interni Angelino Alfano e del premier Renzi ha indagato sui fatti e sui misfatti della giunta Marino. Il sindaco e la sua squadra sono di fatto stati giudicati incapaci di intendere e volere ma rimarranno al loro posto sia pure esautorati e commissariati dal prefetto e da una squadra di tecnici con pieni poteri. Una soluzione imbarazzante che evita l'onta dello scioglimento per mafia del consiglio comunale della Capitale ma che impedisce ai romani di scegliersi un nuovo sindaco e una nuova classe dirigente attraverso libere elezioni. Il perché è ovvio. Ammettere fino in fondo che il governo di Roma sia stato colluso con la mafia avrebbe significato decretare che il Pd, partito di maggioranza e del sindaco, è amico e in affari con Cosa nostra. La cosa è vera e certificata in atti giudiziari ma cozza con la teoria della superiorità morale ed etica dei compagnucci. Immaginiamo quindi che il segretario del Pd Matteo Renzi abbia telefonato al premier Matteo Renzi affinché mettesse una buona parola con il suo ministro degli Interni, si fa per dire, Angelino Alfano perché usasse un occhio di riguardo nei confronti del partito che fu di Berlinguer. Ed evidentemente, visti i risultati, il premier Renzi ha usato col suo sottoposto argomenti molto convincenti, per non dire convenienti.

Il secondo motivo per cui Renzi e Alfano non potevano decidere lo scioglimento del consiglio comunale è ancora più semplice. Con nuove elezioni, è certo, la sinistra avrebbe perso il governo della Capitale e la gestione del fiume di soldi - l'ennesimo - che si sta riversando su Roma grazie al Giubileo. Con pure il rischio di consegnare Campidoglio e Giubileo agli odiati grillini. Meglio una figura di palta che Grillo ottavo re di Roma.

In tutto questo resta il mistero del povero Ignazio Marino, sindaco di un governo comunale mafioso solo un po' e pure a sua insaputa. Lo hanno usato come paravento, poi lo hanno sputtanato e ora umiliato. L'uomo, scomparso dagli schermi radar della Capitale (offeso, sta facendo il sub ai Caraibi) avrebbe l'occasione d'oro per riscattare una vita mediocre che sta finendo in farsa: dimettersi, provocando lui le elezioni anticipate. Uno scatto di orgoglio e dignità, uno schiaffo al suo partito e a Renzi, che lo detestano e lo considerano una marionetta nelle loro mani. Sarebbe da applauso. Ma non si può pretendere che un coniglio un mattino si svegli leone.

Peccato.

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