Tokyo 2020

Se dietro l'oro c'è l'amore delle madri

Padri che fuggono, papà coach e loro invisibili ma fulcro dei propri ragazzi

Se dietro l'oro c'è l'amore delle madri

Ci sono infanzie che potrebbero assomigliare a deserti senza mappa. Vite in cui tutto inizia male, in salita. Due spiccioli sudati nella mano, padri che piantano in asso e se ne vanno chiudendo gli scurini in faccia al cielo, poche tenerezze ruvide e maldestre, silenzio e rabbia tritata tra i denti. Il destino sembra già scritto, o peggio ancora, impossibile da scrivere. E invece poi, si scopre che la salita non ha fatto altro che addestrare il fiato. E si arriva, eccome se si arriva. Perché dietro ci sono loro: le madri.

Quella di Marcell Jacobs, oro nei cento metri a Tokyo, si chiama Viviana Masini. Lo ha cresciuto senza un padre, accudendo il suo talento, tenendo a bada le sue allergie («annusava la carta del cioccolato perché non poteva mangiarlo, ancora oggi segue una dieta rigida e una vita di sacrifico, questa vittoria se l'è meritata»), e durante tutte le Olimpiadi lo ha affidato alla benevolenza del mondo con un rituale tutto suo «Per mettermi in contatto con lui faccio sempre una cosa: accendo un incenso sulle sue prime scarpette da corsa prima di una staffetta... ha funzionato, ha vinto». Oggi Jacobs ha la sua famiglia, una medaglia che lo ripaga di tutto, una madre capace di farlo dormire come dopo una favola. «Scusate, devo rispondere». Ha interrotto così la conferenza stampa di ieri l'altro oro olimpico italiano (nel salto in alto), Gianmarco Tamberi, sorridendo e mostrando il cellulare che squillava. Chi c'era dall'altra parte? La mamma. Storia diversissima quella dell'atleta marchigiano: lui un padre ce l'ha, si chiama come lui, lo allena e ha un passato nella stessa disciplina. Ma è per rispondere alla mamma che interrompe il momento di gloria.

E ci sono sempre le madri dietro a tante altre glorie. Quella del calciatore Alessandro Bastoni che alla festa per la vittoria dello scudetto dell'Inter, con addosso la maglia della società, gli puliva «il muso» dalle briciole di pizza; quella di Romelu Lukaku, che il giocatore adora e che ha sempre rassicurato: «Vedrai che la nostra vita cambierà, giocherò a calcio e staremo bene, non dovrai preoccuparti più». Pare ci fossero lei, un pellegrinaggio in Africa e un rito vodoo dietro alla scelta di qualche anno fa del calciatore di passare dall'Everton al Manchester United.

E poi la venerata mamma di Cristiano Ronaldo, che vorrebbe portarlo via dalla Juve ma che rassicura i fan: «È in forma, giocherà ancora tre anni». La tostissima mamma-procuratore del francese juventino Adrien Rabiot, la bellissima madre «social» di Nicolò Zaniolo (diventata la regina di Instagram destreggiandosi tra le diatribe sentimentali del pargolo).

Una schiera lunghissima di madri-albero e di figli adoranti che possono contare sulla loro ombra. Dalla salita alla gloria. Insieme. Gli ori, gli scudetti, i miliardi a ricompensare quelle mani, quei gesti di accudimento efficienti, quelle poche o molte sbavature affettuose, che li hanno accompagnati dove sono, spesso contro tutto e tutti.

Ora che è venuto il loro turno, sanno come restituire.

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