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Se il feto diventa un numero

"Le parole sono importanti, chi parla male pensa male". Nei giorni scorsi il Comune di Roma a guida Pd ha modificato il regolamento cimiteriale sui feti.

Se il feto diventa un numero

«Le parole sono importanti, chi parla male pensa male». Nei giorni scorsi il Comune di Roma a guida Pd ha modificato il regolamento cimiteriale sui feti. Non saranno più sepolti con il nome della madre, ma avranno un numero. «In materia di prodotti abortivi la norma prevede esplicitamente il necessario consenso della donna e una procedura di seppellimento che garantisca la tutela della riservatezza e della dignità personale», gongolano i Radicali in Campidoglio. L'aborto è una sconfitta per tutti: per le donne in primis, a volte lasciate troppo sole a decidere se trasformare il loro dono in una maledizione anche per colpa di una legge vecchia e fuori dalla Storia - la 194 - che il centrodestra si ostina a non voler modificare, sebbene i presupposti da cui nasceva (la tutela della maternità) siano stati sostanzialmente stravolti da una consuetudine che l'ha resa un orribile metodo contraccettivo. Ora che la pillola abortiva RU486 è stata introdotta come farmaco quasi da banco, i numeri degli aborti ospedalieri saranno destinati a crollare. Numeri, per l'appunto. Non nomi. «Prodotti abortivi», non feti, non cellule viventi strappate alla vita, non esseri umani in potenza che non vedranno mai la luce. Se la parola «Natalità» piazzata in una targhetta ministeriale ha fatto inorridire i soliti benpensanti, chi ha partorito il termine «prodotto abortivo» e l'idea che un numero possa seppellire un dolore e cancellare una sofferenza dovrebbe rileggersi un libro.

Basta il titolo: Se questo è un uomo.

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