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Se i nuovi francescani dimenticano i terremotati

Se i nuovi francescani dimenticano i terremotati

Amatrice vista in foto dall'alto sembra un presepe. Tra quei resti, vi è una disperata richiesta d'attenzione. Nell'inverno delle coscienze, si gela al freddo dell'indifferenza di Stato che costringeranno Cristo, dal sisma del 2016, a nascere ancora in un alloggio di fortuna, e ad aspettare una casetta per ritrovare dignità nel dramma. Una casa per ripararsi dalla distruzione e rinnovare l'esistenza. Evocazione del Natale, che è, insieme, richiamo allo spirito di Francesco d'Assisi, da cui nacque l'immagine del Presepe, a Greccio. Occorre recuperare i significati. Nel cammino di San Francesco è racchiuso il senso del presepe, come vicinanza e manifestazione di Dio; il più puro senso di misericordia ed accoglienza, ma anche la necessità di ricostruire la casa dalla rovina: «Francesco va' e ripara la mia chiesa». Rifonda la casa in disgrazia, gli disse Cristo; mattone su mattone, egli donò nuova immagine ad un'antica essenza rinnovando la tradizione -, alle macerie di San Damiano. Poco prima di Natale, mentre impazza la tolleranza dei buonisti, qui è il significato del Presepe, nelle mani di Francesco d'Assisi, che non solo accolgono chi migra, ma, ancor più, ricostruiscono la distruzione, offrendo nuova vita e armonia alle macerie di Amatrice. Così come dovrebbe essere. Ma non è. E mentre ci si sbraccia per rendere l'integrazione, sostituzione, mentre a Castenaso (Bologna), Cristo nasce in un gommone, che viene messo al centro del Presepe in una piazza cittadina, per evidenziare «il problema legato all'accoglienza dei migranti», secondo il sindaco Sermenghi -, la ricostruzione ad Amatrice è ferma - «in un anno sono state presentate mille domande di contributo e approvate cento, a fronte di 60 mila case da sistemare o ricostruire» (Corriere della Sera) -. Su 3.700 casette richieste, solo 1.300 sono state consegnate, mentre ci si annulla nella riconoscenza sfrenata dell'accoglienza, e nell'irriconoscenza delle proprie priorità. Torna alla mente la figura di San Francesco, ed una reazione concreta alla contaminazione ideologica della funzione della Fede, che il politicamente corretto dei nostri giorni opera. In quel «prossimo tuo» da amare come te stesso, che è migrante, sì, ma anche, e ancor più, un italiano a cui non rimane più nulla. L'empatia è a senso unico. Guardando quella foto di Amatrice dall'alto, viene da pensare che prima di integrare altre civiltà, forse dovremmo ancora integrarci tra di noi, prendendo per mano quei fratelli senza più niente, prima di ogni altro prossimo. Tra quei resti di case trovi la croce di Cristo. La sua morte. E la sua rinascita.

Tra gli italiani che non vanno più di moda, lì è il Natale, lì, il presepe.

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