Se perdere la libertà fa più paura di perdere la salute

Il neurologo Priori: «Epidemia senza precedenti. Rischiamo di sviluppare fobie e psicopatologie»

Se perdere la libertà fa più paura di perdere la salute

Milano Come reagiscono gli italiani all'epidemia, o meglio come e quanto questo influenza le loro vite soprattutto sotto il profilo psico-sociale? Se lo sono chiesto il team delle ricercatrici psicologhe dell'Università degli studi di Milano, il direttore della Clinica di neurologia dell'Università presso il polo ospedaliero del San Paolo (Asst Santi Carlo e Paolo) coordinate da Roberta Ferrucci del Centro di ricerca Aldo Ravelli dell'Università di Milano. Lo studio punta a valutare gli impatti psico-sociali dell'epidemia, i fattori che influenzano lo stato psicologico dei cittadini, dalle emozioni ai cambiamenti nel quotidiano.

In una decina di giorni sono stati raccolti, con un sondaggio online, 10mila questionari compilati per circa il 70 per cento da donne e da una popolazione tra i di 7 e i 92 anni. Le misure per il contenimento dell'epidemia, fino ai decreti di domenica e di due giorni fa che hanno interessato per la prima volta l'Italia nel suo complesso hanno portato a una riduzione delle interazioni sociali, all'isolamento, all'aumento dell'ansia e della paura fino al dilagare del panico. «La ricerca - racconta Alberto Priori, direttore della Clinica di Neurologia - è nata un po' per caso dalle continue telefonate dei nostri pazienti, preoccupati per quanto stava accadendo. Da qui l'idea del sondaggio, che si inserisce nel filone della psicologia delle epidemie e degli eventi traumatici. Un'epidemia così l'Occidente non l'ha mai vissuta, soprattutto sotto il profilo mediatico e dei social che hanno contribuito a creare confusione e disinformazione. Il nostro lavoro vuole conoscere quanto sta accadendo nella popolazione per supportarla ed evitare che si sviluppino in futuro disordini da stress post traumatico».

Così se la quasi totalità della popolazione ha risposto correttamente alle domande sulla conoscenza di base del virus, il dato stride con il comportamento irresponsabile di una fetta della popolazione. «Gli italiani presuppongono di conoscere il problema anche dal punto di vista medico, anche se basano le loro informazioni sui social, senza distinguere tra fonti. Questo è molto pericoloso - però spiega Priori - perché genera volumi di ansia, panico e false credenze». E di questo troviamo rispondenza dai dati: il disagio psicologico è risultato rilevante ed è caratterizzato da paura (85%), ansia (86%), rabbia (70%), tristezza (80%), aumentate di intensità da domenica. Cosa spaventa del Covid-19? Psicosi (86%), paura di ammalarsi (91%), di morire (67%), timore della quarantena (75%) e della crisi economica. E soprattutto, la paura è quella di perdere la libertà (88%).

Aumenta sempre più i la paura del contagio, dovuta alla frequentazione di luoghi piccoli e affollati. Aumenta il bisogno di contatto fisico (57%) e telematico con amici e parenti (92%) e supporto psicologico (22%).

La situazione attuale sta incidendo negativamente sul sonno (38%), alimentazione (35%), sessualità (40%), rapporto con gli altri (80%). Ed è proprio questo che rischia di rimanere come cicatrice una volta che l'emergenza sarà passata, sotto forme di idiosincrasie, fobie, manie.

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