Se un ragazzino decide di dire addio alla vita

La notizia è arrivata in redazione a sera, alle 19.38. C'era il sole ieri, il sole magnanimo di un settembre da illustrazione di libri per bambini. Un ragazzino solo in un appartamento di Milano non lo ha visto. Non è andato sul balcone per godere della dolcezza di un'estate ormai agli sgoccioli e inviare un messaggino alla ragazza. È andato alla finestra scrivendo al padre: «Addio». Poi, il volo dal settimo piano.

La discesa a terra, letale, senza possibilità di scampo. Il personale del 118 non ha potuto che costatarne la morte. La madre è stata la prima della famiglia ad arrivare. E' corsa nel cortile di casa per vedere il corpo del figlio che ha scelto la morte. A parte quella parola, «addio», il giovane non ha lasciato nessun'altra spiegazione. La polizia ha avvisato che era in cura da un neoropsichiatra per una forma di depressione. Il male oscuro, come viene chiamato. Il buco nero che oggi inghiotte i ragazzi fin dalla più tenera età. Quattordici anni: è il passaggio dell'adolescenza, il momento in cui un bambino tenta di volare fuori dal nido dell'infanzia per planare sul mondo. Pensiamo che sia fatto di batuffoli di cotone quel nido, invece ha già spine cocenti; crediamo che sia l'entusiasmo a far aprire le ali azzurre della giovinezza, invece le ali possono essere grigie, stanche, angosciate, al punto da non aprirsi mai, perché l'ansia della vita diventa ossessione e l'ossessione paura, immobilità, morte.

Perché ci sono fanciulli che non riescono a vedere i colori della vita? Depressione: gli

studiosi di un tempo le attribuivano le tinte funeree, tetre di Saturno, l'antica divinità che divora i suoi figli. Purtroppo continua a mangiare i figli quel dolore opaco che succhia al volo della vita tutta l'amorosa felicità.

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