Se sbaglia il politico di sinistra è soltanto goffo o ingenuo

Non siamo ai "compagni che sbagliano", ma poco ci manca. Distinguo e differenziazione antropologica esito terminale di quella che veniva definita "diversità togliattiana"

Se sbaglia il politico di sinistra è soltanto goffo o ingenuo

I più avvelenati, a Roma, si riferiscono a lui con un semplice «quello là». Ma per tutti è « er Marziano ». Il sindaco Ignazio Marino ricorda effettivamente il marziano di Flaiano: non quello dei primi giorni, delle prime settimane, venuto dall'altro mondo per sbalordire con il proprio candore, bensì quello che alla fine si merita gli sberleffi e le pernacchie dei sempiterni Pasquino. « 'A marzianooo »: tante ne combina, che ha ben ragione Francesco Merlo su Repubblica a coglierne il tratto prevalente, la goffaggine.

Se Marino sale sulla bici, è quella a pedalata assistita. Se cerca di destreggiarsi tra le buche che non ripara, cade. Se sceglie di usare il camper per la campagna elettorale, usa un «euro 1» che al centro non può circolare. Se si fa un selfie con il capo dei vigili appena nominato, poi si scopre che quello non ha i requisiti. Se inaugura la metro più costosa del mondo, le porte non gli si aprono. Se a un comizio il microfono non funziona, prova la battuta: «Ho fatto il Sessantotto». Però all'epoca aveva tredici anni. Tra Paperino e l'operetta, è un politico da dileggio, non da passeggio. Sicuramente di passaggio.

Ma non s'adonti l'amico Merlo, se il tratto della goffaggine - nell'oramai mitica storia della Panda rossa sempre fuori posto, ormai gravata da una quantità di multe pari al valore dell'auto - assurga anche a cattivo gusto, a malcostume, a tratti delinquenziali che non salverebbero un comune cittadino, figuriamoci il «primo». È che quel vezzo tutto sinistrorso di trovare una «distinzione», una giustificazione, una litote, un eufemismo ormai ha fatto il suo tempo. Stucca. Goffo almeno quanto la goffaggine di Marino. Ricordate Vasco Errani? Per l'ex bersaniano, difeso a spada tratta dall'intero Pd, scese in campo persino Renzi. Riscoprendo il garantismo («Finché non c'è sentenza passata in giudicato un cittadino è innocente, ricordi?»). Elogiandolo, esaltandolo, quasi incoronandolo d'emblée ministro solo perché il suo «essere onesto, perbene» alla fine ne rimetterà i debiti.

Non siamo ai «compagni che sbagliano», ma poco ci manca. Distinguo e differenziazione antropologica esito terminale di quella che veniva definita «diversità togliattiana». Cui oggi si potrebbe ben opporre un: «Ah, eravate diversi? Potevate avvertirci, non ce ne siamo mica accorti!». Così il sindaco Michele Emiliano, accusato d'aver favorito un'impresa privata, si autopromosse a «fesso» perché «ho accettato 50 cozze pelose, ma è assurdo paragonare chi accetta un pacco natalizio a chi intasca tangenti». Persino il pluripatteggiante Penati, all'inizio strenuamente difeso da Bersani, ebbe a dire: «Non paragonatemi a Bossi junior». Quasi che una laurea in Albania e atteggiamenti da «ganassa della Prealpina» ne facessero una triglia diversa e più colpevole rispetto ai mille affari del braccio economico di Pci-Pds-Ds-Pd. Che dire del sindaco veneziano Giorgio Orsoni, scaricato da Renzi ma ripescato nella laguna da Fassino: «Può aver commesso errori, ma è una persona corretta»? Adorato dalle venete, il comportamento del sindaco «va distinto da quello di Galan» per Alessandra Moretti (e perché mai?), mentre l'amorevole Laura Puppato vedeva in Orsoni «solo un brav'uomo innamorato della propria città, un uomo in difficoltà solo per aver commesso un errore ed essersi fidato di persone che non lo meritavano».

La fiducia inganna, chiedetelo a Francesco Rutelli, che impose come segretario amministrativo della Margherita Luigi Lusi, «di cui mi fidavo ciecamente». Salvo poi immaginarselo come «dottor Jeckill e mister Hide, mi ha fregato, il suo è un furto evidente». Doppio peso, doppia dismisura.

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