«J e suis Charlie Coulibaly». Dieudonné è furbo, massiccio, smaliziato, con la faccia larga e nera e il corpo pesante. Dieudonné M'bala è il comico francese (...)
(...) che non inviteresti a cena perché puzza di razzismo. È la voce delle banlieue che disprezzano l'Occidente. È antisemita. È quello che ha inventato il gesto della quenelle, il braccio teso verso il basso, con il palmo della mano aperto, e l'altro appoggiato appena sotto la spalla. Il senso è una «polpetta» ad ingiuriare gli ebrei e i complotti pluto-giudaico-massonici. Quando Nicolas Anelka lo fece il 28 dicembre 2013 dopo un gol in Premier League si beccò cinque giornate di squalifica. Dieudonné, insomma, sostiene che i Protocolli dei Savi di Sion magari sono un falso ma dicono cose vere. Dieudonné, oltretutto, come molti comici che fanno fortuna in politica, ha un profondo senso degli affari. Con uno così non ci vorresti avere nulla a che fare, eppure di una cosa sei convinto: non si rinnega la libertà, a costo della morte.
Non si arresta nessuno per una frase. Quella lì, quella che ha scritto su Facebook dopo la marcia di Parigi, come un equilibrista sulla libertà di satira, scartavetrando ipocrisie e passeggiate alla moda. È qui l'inghippo, perché se siamo tutti Charlie la sferzata non paga pegno. E allora si può scrivere «Je suis Charlie Coulibaly» e incarnare vittime e carnefice. Si può essere i dodici morti di Charlie e Amedy Coulibaly, il terrorista del supermercato ebraico. Non c'è reato. Non ci può essere. È quello che ci fa diversi dalla permalosa intolleranza islamica. Noi non siamo Al Qaida e non siamo l'Isis. Noi, in teoria, non crocifiggiamo le parole e le opinioni. Noi un tempo abbiamo creduto in quello che diceva François-Marie Arouet, alias Voltaire. Noi abbiamo scritto e cantato che «Dio è morto», solo che ci siamo dimenticati di avvisare Allah e il suo profeta. Lost in translation. Perso nella traduzione. E così adesso l'unico libro sacro è rimasto il Corano e quelli che ci credono si indignano, si incazzano, la prendono male e sparano. Uccidono. Nel nome di Dio, perché chi bestemmia merita la morte. È chiaro quindi che non sanno capire la satira su Dio. Noi no. Noi non possiamo tornare indietro. Noi abbiamo imparato a sorridere sulla morte e a sbeffeggiarla e con lei tutto quello che c'è dopo o sopra o sotto o nulla.
Adesso però la polizia di Parigi ha arrestato Monsieur Dieudonné per apologia di terrorismo. E lo ha fatto mentre l'Occidente stava più o meno ancora marciando per dichiarare i suoi valori, per rivendicare la libertà di satira. È per questo che Dieudonné è un equilibrista, furbo. È bastata una battuta, una frase, per smascherare quello che accade al centro della grande ville, della città. Eccolo che di nuovo finisce per incarnare il sentimento della banlieue: la libertà è relativa. La libertà è un inganno. È una bugia. Vale per loro, non per noi.
E invocano il loro Dio assoluto. Sta a noi non aver paura. Non aver paura della libertà. Dieudonné è solo un grasso e ricco comico occidentale. Purtroppo razzista e antisemita, ma libero di scrivere «Je suis Charlie Coulibaly».Vittorio Macioce- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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