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La secessione del Covid. Lo schiaffo di Bolzano: "Noi seguiamo Vienna"

Annuncio choc del presidente Kompatscher: "Da noi misure come Germania e Austria"

La secessione del Covid. Lo schiaffo di Bolzano: "Noi seguiamo Vienna"

Ci mancava solo la secessione da Covid. Più si ripetono appelli a non strumentalizzare politicamente il virus, più spuntano politici che ne approfittano per mandare messaggi al proprio elettorato.

È il caso di Arno Kompatscher, il presidente della Provincia autonoma di Bolzano, il cui annuncio suona così: «A seguito dell'andamento epidemiologico, l'ordinanza (quella emanata domenica scorsa, ner) è superata e ci muoviamo in linea con la Germania e l'Austria». Il problema non è tanto di merito (l'anticipo della chiusura dei bar alle 18 è contenuta anche nell'ultimo Dpcm di Conte) quanto di scelta delle parole: gli atti del governo sul Covid da sempre vietano alle Regioni di fissare regole che allentino le restrizioni ma dà loro facoltà di renderle più rigide, stabilendo tempi e modalità di confinamento più severi.

Niente di strano, dunque, che un'autorità locale decida di non essere perfettamente aderente alle linee guida nazionali. Ma è impossibile che un politico di Bolzano dichiari di prendere a punto di riferimento Berlino e Vienna senza sapere esattamente quale sarà l'impatto delle sue parole e il messaggio che manda al suo elettorato. E infatti la dichiarazione è subito diventata un caso. Anche perché a livello locale, la giunta è sostenuta dalla Lega.

«Estremamente gravi le affermazioni del governatore Kompatscher -accusa il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Francesco Lollobrigida- in un momento di fragilità di questa nostra nazione la Svp getta la maschera e guarda a Vienna e Berlino, come riferimento, anziché a Roma. Vanno isolati e va condannato fermamente il segnale politico e culturale che vogliono far passare. Questa gente tradisce l'Italia: la Lega si dissoci».

La Südtiroler Volkspartei, partito autonomista che ha da lungo tempo abbandonato la linea esplicitamente secessionista, negli ultimi anni non ha disdegnato posizioni provocatorie, come l'appoggio alla legge promossa dal cancelliere Sebastian Kurz che avrebbe dovuto concedere ai cittadini di etnia tedesca dell'Alto Adige di prendere il doppio passaporto austriaco.

Mosse simboliche, più che altro, visto che con la caduta delle frontiere europee la doppia cittadinanza assume ben scarso significato pratico. Ma la questione altoatesina è da decenni ormai alimentata puramente da atti simbolici. Alessandro Urzì, consigliere regionale di Fratelli d'Italia, da tempo denuncia instancabilmente il moltiplicarsi di atti provocatori della giunta altoatesina, che il governo tollera regolarmente, anche perché con i numeri risicati delle maggioranza parlamentari degli ultimi due governi, i voti della Svp risultano preziosi. Ed è così che sono passate indisturbate clamorose provocazioni come la proposta di legge provinciale per non adottare i colori azzurri per gli atleti della provincia di Bolzano. O la decisione di non usare più il termine «Alto Adige» e «altoatesino» nei propri documenti.

«Sono state approvate norme che modificano la Costituzione e lo Statuto regionale in modo del tutto arbitrario -dice Alessandro Urzì- sottraendo competenze allo Stato.

Pur di andare avanti in Senato il premier Conte è pronto a svendere l'Italia».

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