Guerra in Ucraina

"Segnali di debolezza, incrinato il mito di Putin. Ora la Russia scricchiola e rischia l'implosione"

L'esperto: "Tra un anno le presidenziali, Zar in difficoltà. Ma mancano alternative credibili"

"Segnali di debolezza, incrinato il mito di Putin. Ora la Russia scricchiola e rischia l'implosione"

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"Segnali di debolezza, incrinato il mito di Putin. Ora la Russia scricchiola e rischia l'implosione"

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Aldo Ferrari studia storia e politica della Russia da 40 anni, ma pure lui non credeva ai suoi occhi davanti alla marcia della Wagner su Mosca. Docente all'università Ca' Foscari di Venezia e direttore dell'Istituto di studi di politica internazionale per la Russia, Caucaso e Asia centrale, spiega al Giornale i possibili e preoccupanti scenari.

Cosa pensa delle 36 ore pazzesche vissute dalla Russia?

«La possibilità che scoppi una guerra civile in un paese come la Russia, bicontinentale e con un arsenale nucleare, è incredibile e terribile. Evidentemente c'è stata una desistenza delle forze regolari alla marcia della Wagner. E a Rostov una collaborazione dei vertici militari».

Putin è indebolito o in parte è stato burattinaio?

«Non credo a Putin regista occulto dell'operazione. Esce indebolito da questa storia. L'immagine di sicurezza, che ha sempre emanato, è incrinata. E nel discorso per fermare i rivoltosi, il riferimento al 1917 (quando l'ultimo Zar è stato ucciso dai bolscevichi, nda) è doppiamente preoccupante per la Russia e lo stesso Putin».

Ci sono altri segni di debolezza?

«Dopo aver dato in mattinata dei traditori ai ribelli, alla sera viene patteggiata una soluzione dai contorni ancora poco chiari. Non fa altro che accrescere la confusione».

Il prossimo anno ci sono le elezioni presidenziali. Cosa prevede?

«Presentarsi al voto con un conflitto esterno era già preoccupante, ma andarci con questo caos politico e militare interno è ancora più grave. Azzardo che nei prossimi giorni qualcosa dovrà chiarirsi sui vertici militari, sulla sorte di Prigozhin e ovviamente sulla presa di Putin sul Paese».

Se cadesse si rischia di passare dalla padella alla brace?

«Non ci sono figure importanti che lo possano sostituire. Forse il più abile di tutti è Lavrov (il ministro egli Esteri russo), ma è stato marginalizzato dallo scoppio della guerra. Shoigu (ministro della Difesa) è una figura fallimentare e Medvedev (ex presidente) si è giocato la reputazione internazionale come sputasentenze volgari condite da minacce atomiche».

Prigozhin può essere ancora un «ducetto» russo o rischia di venire ammazzato?

«Putin non è più popolare come prima, anche se rimane figura di riferimento per i russi. La mediazione di Lukashenko (il presidente bielorusso) è abbastanza sconcertante. Prigozhin è molto popolare, ma esiste la possibilità che venga eliminato. I vertici militari vogliono liberarsi di questa spina nel fianco. La domanda è quanto Putin controlli veramente i collaboratori. Più che rivoluzionaria è una situazione da tardo impero. Simile a una guerra fra bande che si contendono il controllo dello Stato, con la guida indebolita».

Quali riflessi sul conflitto?

«Se Prigozhin non fosse tornato indietro, una guerra civile russa avrebbe avuto riflessi devastanti. In realtà non sembra che sia cambiato molto dopo lo scossone Wagner. La crisi in Russia, però, più che risolta sembra sospesa e avvolta nella nebbia».

Si aspettava l'ammutinamento?

«La Russia stava scricchiolando da mesi. In un paese dove le prestazioni militari sono così disastrose e i migliori risultati sul campo vengono ottenuti da formazioni paramilitari come la Wagner, la persistenza ai vertici della Difesa di persone incapaci sono segnali di scollamento. La marcia di Prigozhin è rientrata, ma la Russia rimane in bilico. Il futuro del Paese si gioca sull'esito del conflitto in Ucraina. Una sconfitta clamorosa potrebbe portare all'implosione».

In questo caso, quale potrebbe essere lo scenario?

«Esistono progetti di smembramento della Federazione russa su base etnica, in un Paese caratterizzato da autoritarismo e costellato da testate atomiche.

Le conseguenze potrebbero essere devastanti, comprese catastrofi nucleari, ma anche se non si arrivasse a tanto, la disgregazione politica di un soggetto federale come la Russia aprirebbe prospettive da incubo».

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