Coronavirus

Il segreto del Covid nelle acque di scarico. E un progetto pilota "testerà" le vacanze

Analisi sui liquidi reflui, infezione retrodatata. Da luglio gli esami nei luoghi di villeggiatura

Il segreto del Covid nelle acque di scarico. E un progetto pilota "testerà" le vacanze

L'analisi delle acque reflue riscrive la storia dell'epidemia di Covid 19 in Italia. Sta qui nello studio delle umilissime acque di scarico la chiave per ricostruire il cammino di Sars Cov2 e il suo ingresso nel nostro Paese. E sono dunque proprio i fluidi di scarico a poterci dare il primo segnale d'allarme sia su un eventuale ritorno del virus sia anche rispetto all'arrivo di nuovi agenti patogeni. Aveva ragione Fabrizio De Andrè a dire che «dal letame nascono i fiori». In questo caso quello della conoscenza.

Dalle analisi delle acque di scarico infatti è emerso che il coronavirus era presente a Milano e a Torino già il 18 dicembre. Luca Lucentini, direttore del Reparto Qualità dell'Acqua e Salute dell'Istituto Superiore di Sanità, tra i ricercatori che hanno realizzato lo studio, spiega come si è arrivati a questo risultato e illustra quella che sarà la sua proposta al ministero della Salute: attivare una rete nazionale di sorveglianza delle acque di scarico nell'ambito delle azioni di prevenzione contro il Covid 19. Un metodo sicuro che vada ad integrare gli altri strumenti di screening come i tamponi e i test. Ma che rispetto a questi è «più precoce e specifico nell'individuazione del virus». Oltre ad essere anche più economico. «Le regioni sono favorevoli -spiega Lucentini- Abbiamo già contattato circa sessanta laboratori sparsi sul territorio che si occupano di analisi dell'acqua. Ci vedremo il 30 giugno e con la loro collaborazione già il 1 luglio partirà un progetto pilota per le analisi delle acque reflue nei luoghi di villeggiatura». L'obiettivo però è quello di una rete nazionale di sorveglianza strutturale anche perché, insiste Lucentini, i sistemi idrici permetteranno di mappare con precisione lo stato delle cose quartiere per quartiere.

Ma come si è arrivati a questo risultato e perché è così importante? Il primo caso denunciato da Pechino di polmonite di eziologia sconosciuta risale al 31 dicembre 2019. Ma se nelle acque di scarico di Torino e Milano era già presente prima allora vuole dire che davvero Sars Cov 2 era entrato in Italia da settimane ma, osserva Lucentini, sovrapposto «al picco dell'epidemia influenzale stagionale» non era riconoscibile. «Sappiamo che Sars Cov2 è un virus respiratorio ma in alcuni casi interessa l'apparato gastrointestinale e dunque viene escreto nei fluidi- spiega - Lucentini- Infatti in Cina è stato trovato virus attivo nelle feci». L'acqua però non costituisce un rischio perché una volta depurata è «sicura».

«L'acqua reflua è sempre stata usata come spia in epidemiologia e non solo. L'Istituto Mario Negri ad esempio la studia per valutare l'uso dei farmaci e delle droghe nella popolazione -prosegue Lucentini_ Nel mio reparto dal 2007 conduciamo uno studio sulle acque reflue per individuare gli enterovirus, quelli intestinali. In laboratorio abbiamo tutti i campioni congelati e grazie ad un'intuizione di Giuseppina La Rosa da dicembre la raccolta è settimanale».

É stato quindi messo a punto un sistema di approccio per individuare il virus che nell'acqua è labile «per essere sicuri non ci fossero falsi positivi» Dall'analisi de campioni prelevati il 18 dicembre a Torino e Milano e il 29 gennaio a Bologna è emersa la presenza del virus. «Non sappiamo a che punto era a diffusione del virus ma abbiamo la certezza che c'erano già persone positive». Il test è in grado di individuare un positivo su un campione di 10.000 persone.

È molto sensibile e potrà esser applicato in caso di pandemie mondiali per studiare le acque reflue negli aeroporti o già adesso per seguire l'andamento nelle regioni con pochi contagi.

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