Sei miliardi di cauzione per liberare al-Waleed A rischio il suo impero

L'uomo più ricco d'Arabia è accusato di corruzione. È in carcere dal 4 novembre

Roberto Fabbri

Sei miliardi di dollari. È la cifra davvero astronomica che è stata chiesta come cauzione al principe saudita al-Waleed bin Talal in cambio della sua scarcerazione. Membro della numerosissima famiglia reale (è nipote del fondatore del regno Abdel Aziz al-Saud), il 62enne celebre imprenditore, che non ha mai voluto interessarsi di politica, è l'uomo più ricco del suo Paese e uno dei più ricchi del mondo: la speciale classifica di Forbes lo colloca tra il quarantesimo e il cinquantesimo posto. Ma la sua immensa fortuna, stimata attualmente in 20-25 miliardi di dollari, non lo ha salvato dalla retata di personaggi eccellenti ordinata lo scorso 4 novembre dal nuovo principe ereditario Mohammad bin Salman. Al-Waleed, insieme con altri dieci principi e 38 ex ministri, è stato arrestato con l'accusa di corruzione e riciclaggio di denaro. Ora gli si offre l'opportunità di riguadagnare la libertà (provvisoria) a un prezzo siderale, ma il principe non pare intenzionato a piegarsi.

La retata ordinata dal 31enne ambizioso futuro re, figlio dell'attuale anziano e malato sovrano Salman, rappresenta un tentativo senza precedenti di modernizzare l'Arabia Saudita e, al tempo stesso, di eliminare dalla partita del potere una serie di concorrenti pericolosi. Uno degli hotel più lussuosi del mondo, il Ritz-Carlton di Riad, è stato scelto come prigione dorata in attesa di sviluppi, processuali e non solo, di una situazione che appare poco chiara: a sette settimane dagli arresti, ancora non sono state indicate con chiarezza le accuse rivolte agli arrestati.

Intanto, diversi di loro hanno già potuto lasciare il loro carcere de luxe dopo aver raggiunto degli accordi che si presumono assai onerosi. Ma al-Waleed non intende adeguarsi. Il principe ha spiegato che pagando darebbe implicitamente ragione a chi lo accusa, mentre lui si considera innocente. Secondo uno dei suoi avvocati, citato dal Wall Street Journal che ha diffuso la notizia, le generiche accuse contro al-Waleed di corruzione, riciclaggio di denaro e di estorsione non sono ancora state neppure formalizzate, e lo verrebbero solo qualora l'illustre prigioniero rifiutasse di concordare un'intesa.

Il vero problema, però, sembra essere di natura economica. L'esborso di sei miliardi di dollari rischierebbe infatti di mettere a rischio la sopravvivenza dell'impero finanziario costruito dal principe. Un arcipelago che va sotto il nome di Kingdom Holding Company (Khc: al-Waleed ne possiede il 95%) e che comprende, tra le numerosissime quote d'affari, gioielli come le catene di hotel di lusso Four Seasons e Fairmont, la compagnia aerea saudita Flynas e perfino un 3% del social network Twitter.

È questa dunque la vera ragione per cui al-Waleed non cede e continua anzi a pretendere «una vera inchiesta», dicendosi anche pronto a combattere in tribunale la battaglia per dimostrare la sua innocenza. Non sembra però probabile che sarà questo ad accadere: dietro l'arresto di al-Waleed e degli altri personaggi illustri dell'elite saudita ci sono infatti ragioni politiche.

E quindi il futuro del ricchissimo principe al-Waleed sembra più che altro collegato a quello dello spregiudicato Mohammad bin Salman: se il disegno

rivoluzionario del giovane «re di fatto» andrà in porto, le ragioni del diritto potrebbero valere assai poco. In caso contrario, è possibile che al-Waleed torni ai suoi affari pulito come appena uscito da una lavanderia.

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