I titoli bancari continuano a essere nell'occhio del ciclone in Borsa per una serie di cause legate alla ridotta redditività e, nel caso più specifico di quelle italiane, alle sofferenze. Ma le quotazioni toccate da alcuni istituti di credito farebbero pensare al rischio di un imminente loro fallimento, con voci di Borsa che alimentano tali ipotesi. Tuttavia, per quanto le banche possano risultare non simpatiche a molte famiglie e aziende italiane, non si può immaginare a cuor legger un loro fallimento perché si tratta di soggetti economici molto diversi da un'impresa industriale. Ecco sei ragioni affinchè una banca non debba fallire.
Rischio-Italia alle stelle a causa dei Btp in pancia
Le nostre banche hanno in pancia molti titoli di Stato italiani. Basti pensare che alla fine del primo trimestre di quest'anno il controvalore di Bot, Btp, Ctz e Cct in portafoglio agli istituti ammontava a 403 miliardi di euro (cioè il 21,5% del totale in circolazione). Se una banca media o grande fallisse ci potrebbero essere implicazioni anche sul debito pubblico in quanto il rischio di mercato del sistema Paese (Italia) aumenterebbe e, con esso, il tasso di interesse dei titoli di Stato: a quel punto salirebbe anche la già onerosa spesa per interessi dell'Italia. Non solo. Se i rendimenti dei titoli di Stato italiani salissero, i loro prezzi, che si muovono in direzione opposta, calerebbero ingenerando perdite piuttosto ingenti nei portafogli delle altre banche italiane che, quindi, risulterebbero ancora più sotto pressione. E, dunque, a rischio fallimento.
Un colpo per le imprese che devono finanziarsi
La banca è un'impresa molto particolare: prende il risparmio delle famiglie e lo impiega per finanziare le imprese industriali e commerciali. Il suo ruolo è quindi quello di una vera e propria cerniera tra il risparmio e l'economia. Se una banca di medie o grandi dimensioni fallisse questo meccanismo potrebbe subire dei contraccolpi non soltanto nello specifico della clientela della banca fallita ma anche per un irrigidimento delle condizioni di prestito che le altre banche adotterebbero per erogare nuovi mutui e prestiti. Non solo. Ci potrebbero essere delle ripercussioni anche sul risparmio gestito: oltre il 70% delle sottoscrizioni di fondi e sicav transita presso gli sportelli bancari e una sfiducia nelle banche potrebbe provocare un rallentamento dei flussi di adesione ai prodotti del risparmio gestito (fondi, sicav, gestioni patrimoniali, polizze e fondi pensione).
Meglio evitare salvataggi: ci rimettiamo i nostri soldi
Vale la pena ricordare le nuove norme che regolano il cosiddetto bail-in (letteralmente salvataggio interno) bancario in caso di fallimento. Se una banca italiana è in difficoltà, non interviene più lo Stato (come accadeva fino allo scorso anno) ma dovranno farsi carico delle perdite anche i privati nel seguente ordine: gli azionisti (che perdono tutto il capitale investito come per qualsiasi altra azienda commerciale), quindi gli obbligazionisti delle subordinate, gli obbligazionisti senior (che hanno puntato su bond più redditizi ma non garantiti), e infine i correntisti con depositi superiori a 100mila euro. Sono esclusi dal bail-in sia i depositi sotto i 100 mila euro che i bond ordinari senior garantiti e i fondi comuni comperati in banca il cui patrimonio in gestione è infatti separato dall'istituto e custodito da una banca depositaria esterna.
Tenere i mercati al riparo dalla sindrome-contagio
Se la banca che fallisce risultasse molto esposta su specifiche aree di mercato potrebbe causare un vero e proprio terremoto finanziario a livello globale con ripercussioni notevoli sui mercati e, soprattutto, sui risparmi. Un caso da manuale è la tedesca Deutsche Bank. L'istituto tedesco ha un attivo patrimoniale di 1.770 miliardi di euro (quindi più del Pil italiano) di cui 500 miliardi sono in derivati ma il suo patrimonio netto (cioè l'attivo meno il passivo) è di appena 66 miliardi di euro. Nonostante abbai superato gli stress test dell'autorità bancaria europea, sarebbe sufficiente che la parte di derivati subisse una perdita non elevata (secondo gli esperti basterebbe anche una perdita del 5%) per determinare l'azzeramento del patrimonio e il fallimento: ma se ciò avvenisse l'impatto per la dismissione dei derivati sul mercato potrebbe essere fuori controllo.
Non possiamo permetterci un'altra Lehman
Le banche sono interconnesse tra loro come un'unica immensa autostrada finanziaria globale: in ogni momento della giornata, da Tokyo a New York, da Sydney a Zurigo, da Londra a Johannesburg, da Pechino a Milano, si scambiano tra loro denaro, valute, riserve, prestiti e titoli finanziari, obbligazioni, certificati che alimentano i mercati e, a cascata, le economie di tutti i continenti. Se una banca di media o di grande dimensione saltasse si potrebbe bloccare l'intero circuito con i flussi finanziari in tilt o, comunque, con pesanti ripercussioni in tutto il mondo. Un esempio da manuale lo ha fornito il fallimento della banca d'affari americana Lehman Brothers che nel settembre di 8 anni fa portò i libri in Tribunale. Da allora, per l'effetto a catena del crollo dei titoli obbligazionari di Lehman, le partecipazioni incrociate in altre banche e i titoli dei risparmiatori di tutto il mondo che avevano in portafoglio quei titoli persero tutto (basti pensare, solo per fare un piccolo ma significativo esempio, alle polizze index linked vendute in Italia con sottostante garantito da obbligazioni Lehman). Ma ancora più devastante è stata l'accelerazione delle vendite di titoli sul mercato da parte di tutte le altre banche e società di investimento per ridurre i rischi di portafoglio dopo un fallimento di quella portata. Un'ondata di vendite che ha intaccato anche l'economia reale e le cui conseguenze stiamo ancora pagando.
L'effetto choc? Fuga di massa dai depositi
Dopo diversi anni di recessione, gli italiani nel 2015 hanno ricominciato timidamente a richiedere mutui per la casa, prestiti personali e prestiti finalizzati (per l'auto o la moto, per ristrutturare casa, per viaggi, per master ai figli ecc.). Ma, nel momento in cui si materializzasse il caso del fallimento di una banca di medie o di grandi dimensioni, le famiglie italiane potrebbero tornare ad esser più prudenti in fatto di spese e di investimenti. Non sapendo cosa potrebbe aspettarci nell'immediato futuro, scatterebbe quasi spontaneo rimandare alcune spese ritenute non necessarie, indebolendo ulteriormente la già debole ripresa economica. Questo potrebbe riportare il nostro Paese a ridosso della recessione e, dal momento che ci sarebbero meno versamenti allo Stato per lavoro, tasse, imposte e contributi, potrebbero aumentare le tasse nella manovra finanziaria 2017. Non solo. In uno scenario ancora caotico, potrebbe scattare l'effetto più drammatico: la fuga di massa dalle banche dei depositanti, impauriti dal destino dei propri risparmi.
Col risultato di innescare un vero e proprio effetto domino incontrollabile: a quel punto, non essendo disponibili contanti per tutti, scatterebbero limitazioni sul ritiro del contante, come per esempio quelle introdotte durante la crisi in Grecia (50 euro massimo al giorno al bancomat) e, soprattutto, aumenterebbe il rischio di fallimenti di altre banche.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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