"Seid morto di razzismo". La sinistra si indigna. Ma la famiglia smentisce

Pd e Leu vanno all'attacco. Il padre adottivo: basta speculazioni, non si è ucciso per quello

U n post su Facebook con una denuncia feroce: razzismo. E un gesto, due anni dopo quelle parole, con cui Said Visin ha scelto di smettere di vivere. Ai funerali del ragazzo, ventenne di origine etiope che aveva militato nelle giovanili del Milan, quelle frasi scritte nel 2019 sono risuonate nella chiesa di Nocera Inferiore: «Adesso, ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone». Parole che hanno scatenato un'ondata di indignazione tale da far intervenite i genitori del ragazzo che hanno voluto escludere «con fermezza ogni correlazione tra il gesto e la pista razzista», parlando di una possibile «strumentalizzazione». La riflessione integrale del giovane racconta di una profonda sofferenza: «Qualche mese fa ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non bastasse mi additavano anche la responsabilità del fatto che molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro». Dopo questi episodi, continua, «dentro di me è cambiato qualcosa: come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone che non mi conoscevano che ero come loro, che ero italiano, che ero bianco». Infine, il senso della lettera appena scritta per «ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io sono una goccia d'acqua in confronto all'oceano di sofferenza che stanno vivendo quelle persone dalla spiccata e dalla vigorosa dignità, che preferiscono morire anziché condurre un'esistenza nella miseria e nell'inferno». Il padre adottivo, Walter Visin tiene però a precisare che «mio figlio non si è ammazzato perché vittima di razzismo. È sempre stato amato e benvoluto, stamane la chiesa per i suoi funerali era gremita di giovani e famiglie». La lettera «fu uno sfogo, era esasperato dal clima che si respirava in Italia. Ma nessun legame con il suo suicidio, basta speculazioni».

La morte di Seid però diventa un caso che scuote anche la politica e del calcio. «Se puoi scusaci, chiediamo perdono», scrive il segretario del Pd Enrico Letta. «Facciamo un po' schifo. Tutti. Di centro, di destra, di sinistra», è il messaggio sui social di Claudio Marchisio, ex giocatore di Juve e Nazionale, che continua: «Siamo il Paese dell'integrazione quando sei un giovane talento o quando segni il gol decisivo in una partita importante, ma che si rifiuta di essere servito al ristorante da un ragazzo di colore. Un Paese che spinge un giovane ragazzo a fare un gesto così estremo è un Paese che ha fallito». La lettera di Seid «è un pugno allo stomaco. Ma che società vogliamo essere? Mi auguro che anche una certa politica rifletta sulle conseguenze delle sue sprezzanti parole» twitta Laura Boldrini. «Chi sostiene che in Italia non ci sia un problema di odio razziale si rilegga quella lettera d'addio» scrive il deputato di Leu Erasmo Palazzotto. Interviene anche il leader della Lega, Matteo Salvini: «Una preghiera per te, ragazzo, e un forte abbraccio alla tua famiglia. Gli italiani sono da sempre generosi, laboriosi, accoglienti e solidali. Chi ancora distingue o disprezza un essere umano in base al colore della pelle, è un cretino. Punto». E il ministro per il Sud, Mara Carfagna: «La disperazione che emerge dalla lettera di questo ragazzo giovanissimo è una macchia che deve riempire di vergogna chiunque coltivi il disprezzo verso l'altro».

C'è poi il ricordo commosso di chi lo conosceva, tra cui il giovane portiere della Nazionale Gianluigi Donnarumma: «Ho

conosciuto Seid appena arrivato a Milano, vivevamo insieme in convitto, sono passati alcuni anni ma non posso e non voglio dimenticare quel suo sorriso incredibile, quella sua gioia di vivere. Era un amico, un ragazzo come me».

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