Selfie e post alla camera ardente. La pietas diventa comunicazione

Certamente non è stata una scelta consapevole. E viene difficile soltanto pensare che l'intento - sincero e istintivo - non fosse altro che quello di rendere omaggio alla memoria di David Sassoli.

Selfie e post alla camera ardente. La pietas diventa comunicazione

Certamente non è stata una scelta consapevole. E viene difficile soltanto pensare che l'intento - sincero e istintivo - non fosse altro che quello di rendere omaggio alla memoria di David Sassoli.

La sua scomparsa, d'altra parte, ha scosso tutti. Non solo la politica, senza distinzione di schieramenti. Ma pure la gente comune che ieri a Roma si è accalcata davanti all'ingresso della basilica di Santa Maria degli Angeli. Spontanea, come la voce della moglie e dei figli che hanno avuto la forza - non scontata - di prendere la parola per ricordarlo. Senza alcuna celebrazione, ma con una semplicità piena di dignità e passione. Guardando non solo indietro, ma soprattutto avanti. E con un messaggio di speranza. Quello del figlio Giulio: «Cercheremo di proseguire con quello che ci hai insegnato, papà. Buona strada e, mi raccomando, giudizio!».

Di certo, voleva a suo modo rendere omaggio anche chi - l'altro ieri - si è presentato in Campidoglio alla camera ardente e ha sentito la necessità di immortalare il momento sui social. Non con qualche legittima e sentita parola di vicinanza, ma con la sua foto davanti al feretro. La corsa al quasi-selfie, al post «è scomparso ma parliamo di me». Come se ciò che non diventa subito pubblico non abbia per questo la forza di conservare un suo significato. È la deriva di un mondo dove tutto è comunicazione. Dove si perde la differenza tra ciò che è normale (la foto di un politico in una camera ardente che, come è sempre accaduto, rimbalza su giornali, siti e tv) e ciò che è opportuno. Non sono sottigliezze, perché pubblicare la propria foto con lo sfondo di una bara o del quadro del defunto sul proprio profilo social non è una modo per manifestare pietas. Magari vorrebbe esserlo. Certamente è il tentativo in buona fede di omaggiare chi non c'è più. Ma rischia di sconfinare nell'esibizione. O, addirittura, nella propaganda.

Così, la commozione di ieri stride con gli inciampi dell'altro ieri. Quelli di Enrico Letta o di Giuseppe Conte, ma anche di Ettore Rosato, Monica Cirinnà (auto-immortalata nella foto sul suo profilo social con il marito Esterino Montino), Laura Boldrini o Roberta Metsola, la maltese presidente ad interim del Parlamento Ue dopo la scomparsa di Sassoli. Tutti, hanno postato la loro foto contriti davanti al feretro in Campidoglio. Presi dalla corsa al presenzialismo e anestetizzando qualsiasi riflessione critica su una simile scelta. Perché, è banale dirlo, ma è evidente che in momenti simili l'unica parola è il silenzio, il solo approccio davvero rispettoso è il basso profilo. A meno di non essere mogli o figli, gli unici che hanno il diritto di scegliere come manifestare le proprie emozioni.

Ecco, in questo passaggio la politica è mancata. Nel non rendersi conto del momento. E nell'essere troppo presa dai riflettori per comprendere quale sia il confine.

Tanto che l'agenzia di onoranze funebri Taffo - nota per il suo marketing smaliziato - si è sentita legittimata a intervenire nel dibattito con un laconico «raga', no, non è un concerto». Niente pietas, solo comunicazione.

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