Semplice e forte Sexy e sportivo Ecco l'uomo più bello

E sempre con un po' di leggerezza come hanno mostrato Donatella Versace e Canali

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«A me i brutti non piacciono» dice Donatella Versace dopo la più potente tra le sue sfilate maschili, uno spettacolo da brivido caldo. È tutto bello e pieno di energia: gli uomini, i vestiti, la colonna sonora (con melodie scritte e registrate da Prince come regalo personale a Donatella) e la scenografia curata da Richard Amaro, il ballerino e coreografo di origine cubana che lavora con Bruce Weber. Quest'ultimo ha girato a Chicago il film della campagna pubblicitaria Versace che viene trasmesso all'inizio della sfilata e che segna il ritorno del grande fotografo americano nell'orbita della Medusa dopo 17 anni. La bionda signora del made in Italy racconta di essersi interrogata a lungo su cosa s'intende oggi per bellezza maschile e proprio durante questo lavoro nella città di Frank Lloyd Wright ha avuto l'Idea giusta. «Ci vuole un uomo semplice e forte, sportivo e sexy, consapevole di sé e del mondo che lo circonda, ma al tempo stesso leggero» conclude mentre i modelli fanno a gara per essere fotografati accanto a lei, l'unica icona della moda capace di grande umanità. L'elogio della leggerezza serpeggia in tutta la collezione dell'estate 2017: dallo spolverino in seta parachute verde militare agli incredibili soprabiti in camoscio che sembrano volare. Tutto è fluido, decostruito, senza peso eppure così impeccabile nel taglio da esaltare qualsiasi figura maschile. Perfetta infine la palette cromatica giocata sui toni più scuri con un magistrale accostamento di blu e marrone, il più sofisticato che si possa immaginare. Dello stesso segno l'ottimo lavoro del team stilistico di Canali su un dettaglio, il taschino, capace nel suo piccolo di rivoluzionare un'immagine volutamente tradizionale. «Abbiamo fatto quel che facciamo dal 1934: il sartoriale» spiega Elisabetta Canali poco prima di far sfilare un moderno gentleman con l'impeccabile completo in lino blu avio con un terzo taschino strategicamente posizionato vicino all'allacciatura. L'effetto è anche in questo caso leggero, un capo fatto talmente bene che alla fine puoi aggiungere un dettaglio. Da Jil Sander, invece, tutto viene tolto, epurato, scarnificato più che semplificato: il ritorno alle origini del brand nella visione di Rudi Paglialunga. Belli i colori sfumati ad arte (salvia e azzurro polvere) mentre la fantasia a fiori scuri ricorda un po' troppo l'indimenticabile omaggio a Robert Mapplethorpe reso da Tom Ford nei suoi primi anni da Gucci. «Basta una striscia di velcro per cambiare forma e funzione al capo» spiega Consuelo Castiglioni nel backstage di Marni facendoci toccare con mano i suoi soprabiti di pelle plongè aperti dietro dal punto vita al collo ma richiudibili grazie a un sapiente gioco di quelle striscette adesive utilizzate alla grande nell'abbigliamento sportivo. L'effetto sulla gruccia e in fotografia è proprio quello: un capo normale cui puoi strappar via o aggiungere una parte. Peccato che in passerella sembri tutto un po' troppo strano, quasi un'allacciatura da camice ospedaliero. Ottimo esordio, invece dal cinese Miaoran che vive da otto anni in Italia dove lavora e insegna come stilista.

La sua collezione dedicata all'ichthyophobia (ovvero la paura dei pesci) è piena di creature degli abissi marini stampate, ricamate e perfino trasformate in pizzo macramè. Pare che lui non abbia paura dei pesci, ma di sicuro conosce quelle belle linee orientali che rendono plausibile una gonna oppure un kimono rosa su un ragazzo dei nostri giorni.

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