Il senatore che dorme con la cravatta e ha in mano il ddl Zan

Andrea Ostellari ricoperto di insulti dopo gli affondi di Fedez. La battaglia politica del ddl Zan e la militanza sin da giovane: "Sarò un arbitro"

Il senatore che dorme con la cravatta e ha in mano il ddl Zan

Non sarà Beyonce, come gli ha ricordato quel guascone di Federico Lucia in arte Fedez. E probabilmente non ha neppure l’aspirazione di diventarlo. Ma Andrea Ostellari non è neppure l’incarnazione del male, come lo disegnano gli haters (si può dire, anche se sono progressisti?) che in queste ore lo stanno sommergendo di offese sulla sua pagina social. Il parco insulti va da “fai vomitare” a “merda”, passando per chi lo invita ad andare a “raccogliere lo stallatico con le gengive” o spera possa finire appeso a testa in giù stile piazzale Loreto. E sono gli stessi indignati che si stracciano le vesti se sentono la parola “frocio”.

La sua colpa, o il suo merito, dipende dai punti di vista, è quello di essere il relatore del ddl Zan sull’omotransfobia in discussione in Commissione al Senato. Tema divisivo, non c’è che dire. Ma Ostellari tutto è tranne che un politico votato a creare contrapposizioni. I collaboratori cui chiediamo alcune informazioni chiedono: “Ma da questo pezzo ne uscirà bene o male?”. E visto che di solito nei ritratti uno emerge per come è, si tranquillizzano: “Allora ne uscirà bene”. Perché chi lo conosce lo dipinge come uno il cui “metro è la mediazione”. In pratica “non urla, non litiga, mette pace”. Uno che “va a letto in giacca e cravatta”. È leghista? Certo, e pure della prima ora. È cattolico? Avoglia, così tanto che il secondo figlio l’ha chiamato come il papa: Benedetto. Ma certo non per questo merita la crocifissione. No?

Classe 1974, Ostellari nasce a Campo San Martino in provincia di Padova. La prima tessera del Carroccio risale al 1993-1994, gli anni in cui un noto critico d’arte conduce su Canale 5 gli “Sgarbi quotidiani”. Direte: e che c’entra? C’entra. Perché Ostellari è affascinato da questo personaggio irrequieto e desidera conoscerlo. “Raccontava la politica con il suo stile - spiega oggi il senatore al Gornale.it - e alla Lega spesso riservava critiche molto aspre. Avevo il desiderio di conoscerlo per potergli spiegare che nel Carroccio c’erano persone con cui ci si poteva confrontare”. Dire che oggi sono diventati amici è troppo, ma sono due colleghi in buoni rapporti che spesso si confrontano sulle questioni politiche e non. Aneddoti.

Come tutte le passioni, però, può accadere che per un certo periodo si raffreddino. Ostellari infatti va a Parma, si laurea, diventa avvocato cassazionista, vice-procuratore onorario a Bassano del Grappa. E la Lega finisce un po’ in secondo piano. “Il vero ritorno alla militanza risale al 2008”, racconta oggi. Il mondo intanto è cambiato, e forse anche le parabole politiche. Lui si fa comunque tutta la trafila del cursus honorum leghista: consigliere comunale a Curtarolo nel 2014, segretario provinciale padovano nel 2015, infine senatore dal 2018. Molto legato a Salvini, fatto non scontato per un leghista veneto, nel 2020 viene inviato dal Capitano a fare da paciere nella litigiosa Lega emiliana. Il motivo? “Va a genio - dicono di lui - anche a chi leghista non è o lo è diventato grazie alla svolta salviniana”.

Se Fedez non gli avesse dedicato le sue attenzioni, forse di Ostellari non si sarebbe parlato così tanto. E lui, all’apparenza freddo e distaccato, forse non ne avrebbe nemmeno fatto un cruccio. È uno di quei politici che in tv ci va solo se ha qualcosa da dire. Non da prima fila, insomma. Uno che punta a farsi apprezzare pure da qualche avversario. Se ancora oggi è presidente della Commissione Giustizia del Senato, lo si deve infatti a un colpo di scena. Col cambio del governo precedente, i giallorossi provarono a spodestarlo eleggendo Pietro Grasso al suo posto. A scrutinio segreto però Ostellari riuscì a battere il candidato della maggioranza: se le cose fossero andate diversamente, probabilmente la storia del disegno di legge sarebbe diversa.

Fatto sta che oggi la palla in mano ce l’ha lui. Lo accusano di essersi preso il ruolo di relatore, quando in realtà gli spetta da regolamento del Senato. Dicono voglia ostacolare la legge, e vabbè: è vero che il tema gli sta molto a cuore. Sussurrano abbia impedito la calendarizzazione della norma facendo “come cazz.. gli pare” (cit. Fedez). Ma lui si sente più come un arbitro, ruolo che peraltro ha svolto per anni nei campi dilettantistici. “Anche nel calcio c’erano partite più pericolose e in quelle occasioni serve un direttore di gara in grado di interpretare il match e di essere equilibrato”, dice. “E io farò lo stesso in Senato, cercando di trovare la sintesi tra animi piuttosto accesi”.

Non è detto che ci riesca, sia chiaro. Ma chi lo conosce lo definisce uno “con ottime capacità diplomatiche” e che al tempo stesso “sa conservare la barra dritta su quelle che sono le posizioni di partito”. Dal canto suo si è dato l’obiettivo di agire con “buonsenso” per garantire i diritti di “chi la pensa in un modo e chi pensa il contrario”.

Vuole insomma “lasciare ai figli un Paese in cui possano esprimere le loro idee senza che qualcuno li accusi o li colpevolizzi”. Un mondo in cui gli atti di violenza vengono puniti, ma senza leggi speciali dedicate a un gruppo in particolare. E per riuscirci -in fondo- non c’è bisogno di essere Beyonce.

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