M orire da seduto, con la testa appoggiata sul petto come uno che dorme. E che cos'è la morte se non un sonno un bel po' più profondo.
Morire mentre tutti ti guardano ma nessuno sa come ti chiami, perché nessuno ha bisogno di chiamarti, in fondo.
Morire senza che nessuno se ne accorga, nemmeno un video di un telefonino, noi che ormai riprendiamo davvero tutto: gatti che giocano, piatti che si freddano, piedi nelle infradito nel primo giorno di mare. Ma poi non vediamo un uomo che muore.
Che poi magari non è nemmeno indifferenza ma solo una combinazione se un clochard è stato trovato morto l'altra mattina - era giovedì - dalla familiare di un paziente che passava di lì, nella sala di attesa del pronto soccorso dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri, in provincia di Torino. Chissà da quanto tempo il suo cuore si era fermato, chissà se avrebbe potuto essere salvato se qualcuno avesse notato prima il suo corpaccione sporco e stanco. E il guaio è che, letto questo articolo, a nessuno importerà davvero che esiste una risposta a queste domande. Perché se nessuno sa come ti chiami, nessuno sa nemmeno come o perché ricordarti.
L'uomo - che qualcuno ora sostiene possa chiamarsi Beppe - era un senzatetto. Il primo maggio alcuni clienti del centro commerciale Il Gigante di La Loggia, a qualche chilometro da Moncalieri, lo notano fuori dalla struttura, seduto su dei cartoni, ed è chiaro che non sta per niente bene. E questo dimostra che, alla fine, non è proprio una storia di indifferenza, questa. Qualcuno chiama un'ambulanza, che arriva abbastanza presto malgrado il giorno festivo. I paramedici capiscono che è meglio portare quel signore senza nome e senza casa e senza documenti in ospedale, malgrado lui non voglia muoversi da lì, forse stordito dall'insolita idea di qualcuno che voglia occuparsi di lui. Beppe o come si chiama giunge al Santa Chiara, viene visitato dai medici, che non riscontrano nessuna patologia ma lo invitano a restare là, gli offrono una colazione magari non da hotel a cinque stelle ma alla fine che cosa importa. Beppe si spazzola le fette biscottate, la marmellata, il caffellatte, poi decide di andarsene, di tornare alla sua vita di nessuno che non importa a nessuno. Firma il foglio di dimissioni con uno sgorbio inintelleggibile e se ne va, pian piano. Ma qualche ora dopo il personale del Santa Chiara lo vede tornare. Non chiede niente a nessuno e nessuno chiede a lui, del resto di senzatetto che preferiscono le corsie di un ospedale a un occhiuto dormitorio ce ne sono molti. Lui si accomoda su una sedia della sala di attesa e - per lo appunto - attende. Magari sapeva di avere un appuntamento di quelli importanti, definitivi, e ha preferito darlo là alla signora morte. Ma magari spera ancora che qualcuno in quel posto pieno di gente che salva le persone possa fare lo stesso anche per lui.
Non accade.
Beppe viene trovato morto.
Inizia la trafila burocratica che è inesorabile anche per i reietti, per chi si è chiamato fuori. C'è una autopsia per chiarire le cause del decesso (prima ipotesi: collasso respiratorio). C'è l'apertura di un'indagine, al momento senza indagati e senza ipotesi di reato.
C'è una salma a disposizione dell'autorità giudiziaria. C'è soprattutto un'indagine per scoprire a chi appartenga. Si parte, come è ovvio, dalle denunce di scomparsa nella zona.Per ora, il certificato di morte è intestato a non a Beppe ma a «Ignoto 1».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.