La sfilza di bilanci in rosso. Le ripetute ricapitalizzazioni. E una montagna di crediti deteriorati lordi da 600 milioni di euro, il 30% degli impieghi, divenuta una bomba a orologeria per la Regione guidata dalla vicesegretaria Pd Debora Serracchiani. Per essere una piccola banca nata con il nobile intento di finanziare e sostenere le imprese del territorio, il Mediocredito del Friuli Venezia Giulia ha già fatto molto parlare (male) di sé, richiamando più volte l'attenzione di Bankitalia. Tanto che in questi giorni gli ispettori di via Nazionale sono tornati a fare visita all'istituto partecipato a maggioranza dalla Regione.
Un'ispezione di «routine», l'ha definita la stessa banca, impegnata a parare le infinite polemiche che negli ultimi anni si sono accompagnate a esposti e interrogazioni parlamentari su un passato più a ombre che luci. E ai moniti della Corte dei Conti, che è tornata a esprimere dubbi sulla spirale delle perdite puntualmente ripianate dai soci. Ma i numeri raccontano meglio delle dichiarazioni di facciata i timori che soffiano in questi mesi sulla frenetica ricerca soluzioni per un risanamento dell'istituto. Che dopo il quarto anno consecutivo in rosso - era di 7 milioni di euro nel 2012, 63,5 nel 2013, 29,5 nel 2014 e 39,6 nel 2015 - con passivi accumulati per 137 milioni di euro, si prepara a una nuova ricapitalizzazione, decisa dalla Regione in assestamento di bilancio. Un'iniezione di liquidità che oscilla sui 32 milioni di euro, in parte necessari per far fronte a un'operazione di cessione delle sofferenze (quelle nette ammontano a 357 milioni) a una società veicolo a un prezzo pari al 30% del loro valore. Una cartolarizzazione in house - ai soci si chiederà di sottoscrivere titoli per attutire le perdite derivanti dal valore fissato per la cessione - che dovrà ripulire la banca dal fardello dei crediti incagliati e lanciarla verso i lidi più sicuri di una partnership in via di definizione con Iccrea. Un processo di «risanamento» che la Regione intende chiudere entro l'anno, il più difficile per l'intero sistema bancario italiano. La partita resta complessa, mentre gli strascichi politici di una crisi che affonda le sue radici in epoche di facili concessioni di prestiti, non sono destinati a esaurirsi a breve. Anche il M5S ha acceso i suoi riflettori sullo stato dell'istituto.
E in un lungo post pubblicato sul blog ha puntato il dito sul «Mediocredito friulano» come «mix tra società a partecipazione pubblica impegnata a drenare soldi pubblici e un vero e proprio caso finanziario che potrebbe deflagrare in stile Mps».
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