Aveva patteggiato, pur protestandosi innocente, per uscire di cella: ma ieri in cella ce l'hanno riportata. Per Giulia Ligresti, figlia dell'Ingegnere, le speranze di evitare il carcere vanno a sbattere contro il «no» che il tribunale di Torino oppone alla sua richiesta di affidamento ai servizi sociali. È una misura che assai raramente viene negata agli incensurati, e che - in seguito ad una modifica introdotta dal governo scorso - può essere concessa a chi ha da scontare non più di quattro anni. La Ligresti deve scontarne due e otto mesi: ma la Procura generale di Torino si è opposta alla concessione del beneficio, e il tribunale di sorveglianza si è allineato. Ieri la donna è stata portata a San Vittore.
E non è questo l'unico aspetto singolare della vicenda giudiziaria che, a sette anni dal crac dell'impero di Salvatore Ligresti, coinvolge i suoi figli. L'aspetto più notevole è che lo stesso, medesimo reato per cui ieri Giulia viene portata ad espiare la pena, secondo altri giudici non è mai esistito. Il fratello minore, Paolo Ligresti, è stato processato a Milano, dove il suo troncone era approdato per competenza territoriale: e qui è stato assolto sia in primo che in secondo grado «perché il fatto non sussiste». Il falso in bilancio e l'aggiotaggio che, nella fase finale dell'impero ligrestiano, sarebbero stati commessi alterando i valori delle riserve sui sinistri, per la magistratura milanese non sono mai avvenuti.
Eppure Giulia Ligresti va in galera, e la stessa sorte rischia di seguirla sua sorella Jonella, che a differenza di lei ha scelto il processo ordinario, e ne è uscita con una condanna in primo grado a cinque anni e otto mesi di carcere, inflitta sempre a Torino, dove si attende ora che venga fissato il processo d'appello. L'Ingegnere è morto nel maggio scorso, risparmiandosi il viluppo di sentenze contraddittorie scaturito dal fallimento del suo impero: contraddizioni non casuali, ma figlie della lettura opposta che le due Procure hanno dato in questi anni del ruolo delle banche nel dissesto di Fonsai, la holding del gruppo: vittime per i pm torinesi, silenti se non complici per quelli milanesi.
Per non parlare del ruolo degli istituti di vigilanza: la Consob nel processo a Torino contro le due sorelle Ligresti è stata ammessa come parte civile e risarcita, mentre a Milano si è vista rifiutare qualunque richiesta ed è stata condannata a pagare le spese.LF
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