Seul apre sulle armi a Kiev e Medvedev minaccia subito. Il "doppio gioco" di Pechino

Potrebbero arrivare da Seul su pressione americana - le abbondanti forniture di munizioni di cui l'Ucraina ha bisogno per continuare a difendersi adeguatamente dall'aggressione russa

Seul apre sulle armi a Kiev e Medvedev minaccia subito. Il "doppio gioco" di Pechino

Potrebbero arrivare da Seul su pressione americana - le abbondanti forniture di munizioni di cui l'Ucraina ha bisogno per continuare a difendersi adeguatamente dall'aggressione russa. Il presidente sudcoreano, modificando per la prima volta in oltre un anno la posizione di chiusura fin qui tenuta sul tema, ha detto che il suo Paese potrebbe ampliare la natura degli aiuti che fornisce a Kiev, includendo anche armamenti, se la popolazione civile ucraina fosse fatta oggetto di attacchi russi su vasta scala.

«Se si verifica una situazione che la comunità internazionale non può tollerare ha detto Yoon Suk Yeol come un attacco di gravi dimensioni ai civili, un massacro o una grave violazione delle leggi di guerra, potrebbe essere difficile per noi insistere solo sul sostegno umanitario o finanziario. Credo ha aggiunto il presidente della Corea del Sud che non ci saranno limitazioni alla portata del sostegno per difendere e ripristinare (un termine che sembra alludere sia agli aiuti per la ricostruzione sia a quelli per riconquistare i territori occupati dai russi, ndr) un Paese che è stato illegalmente invaso».

Yoon ha fatto queste dichiarazioni in un'intervista rilasciata a una settimana dalla sua annunciata visita ufficiale negli Stati Uniti. È prevedibile che in quell'occasione il presidente americano Joe Biden insisterà affinché Seul partecipi allo sforzo anche militare delle democrazie occidentali a sostegno dell'Ucraina. Il governo sudcoreano, ha precisato il presidente, sta valutando nuove modalità per aiutare Kiev, allo stesso modo in cui Seul aveva ricevuto assistenza internazionale durante la guerra di Corea del 1950-'53: in quell'occasione, l'aggressore era la Corea del Nord comunista, sostenuta da cinesi e sovietici. Uno schieramento, a ben vedere, simile a quello attuale, con i nordcoreani che forniscono munizioni a Mosca e la Cina di Xi Jinping schierata sia pure con alcune ambiguità di facciata con Vladimir Putin (che oltretutto appoggia apertamente il presunto diritto di Pechino di invadere Taiwan).

Le parole di Yoon, che di fatto anticipano l'accettazione delle pressioni di Washington, sono state accolte negativamente a Mosca. L'ex presidente Dmitry Medvedev è ricorso ai suoi consueti toni minacciosi: «Eccone altri disposti ad aiutare i nostri nemici. Fino a poco tempo fa, i sudcoreani escludevano la possibilità di fornire armi letali a Kiev. Mi chiedo cosa diranno gli abitanti di questo Paese quando vedranno le ultime armi russe in mano ai nostri partner della Corea del Nord: quello che si chiama un quid pro quo».

Intanto la Cina, che della Russia è il principale partner strategico, cerca di tenere il piede in due scarpe. Da una parte, annuncia il suo sostegno alle iniziative francesi per giungere entro la prossima estate a colloqui diretti tra Mosca e Kiev con l'obiettivo di fermare la guerra il prima possibile: secondo ricostruzioni dell'agenzia Bloomberg anche se non si vede perché l'Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero accettare di congelare le attuali conquiste territoriali russe a tutto vantaggio di Putin - il presidente Macron avrebbe incaricato il suo consigliere diplomatico Emmanuel Bonne di costruire con il responsabile cinese degli Esteri Wang Yi una base d'intesa per l'avvio di colloqui russo-ucraini. Dall'altra parte, però, Pechino continua a esaltare la sua cooperazione militare con Mosca: il ministro cinese della Difesa Li Shangfu è appena rientrato da una visita di quattro giorni al suo collega russo Sergei Shoigu.

Gli aggressori dell'Ucraina si sono trovati d'accordo con i cosiddetti mediatori di pace su «intensificare la collaborazione ad alto livello, rafforzando la comunicazione tra i due eserciti», oltre che nell'«opporsi a qualsiasi forma di indipendenza di Taiwan».

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