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Sfida finale tra Conte e Beppe per prendersi i 5s

Giorni cruciali per statuto, leadership e garante. E Di Maio è pronto a inserirsi

Sfida finale tra Conte e Beppe per prendersi i 5s

Marco Travaglio lo consiglia e lo aspetta al varco sulla giustizia, Beppe Grillo lo avverte sulla Cina e lo stoppa sul simbolo, i big governisti occupano il suo spazio. All'inizio della prossima settimana Giuseppe Conte dovrebbe presentare il nuovo Statuto e la Carta dei valori del M5s, ma l'ex premier sembra aver perso il tocco magico di Palazzo Chigi. In balìa della complessità di un Movimento schizofrenico, è già considerato un leader a mezzo servizio. Stavolta dovrebbe essere quella buona, eppure il condizionale è sempre d'obbligo quando si tratta di Conte. Il portavoce Rocco Casalino sta preparando un evento coi fiocchi, sebbene «al chiuso», però i parlamentari arrivano sfiniti alla meta. Circa quattro mesi di rinvii hanno messo a dura prova la pazienza degli eletti. In Parlamento ancora ricordano quando Conte, il 24 aprile, annunciava il via al nuovo corso per «inizio maggio». Con il risultato che Statuto e Carta dei valori, invece, saranno presentati con più di un mese e mezzo di ritardo. Ma per avere la parola fine sulla transizione, toccherà aspettare la prima settimana di luglio, con la votazione sulla nuova piattaforma Sky Vote.

Proprio in queste ore è in corso una mediazione sul ruolo del Garante nello Statuto. L'ex premier vorrebbe ridimensionare Beppe Grillo, i big stanno cercando di trovare la quadra per salvaguardare una figura di garanzia come il comico. Anche perché lui, il fondatore, non ne vuole sapere di mollare la presa. Il post anti-Nato e filocinese di martedì è stato interpretato nel M5s anche come un segnale lanciato dentro il partito, più che al governo. Un avvertimento tutto politico a Conte, come a dire «la nostra posizione sulla Cina non cambia». Venerdì sera, infatti, l'ex premier era già pronto ad andare in ambasciata con Grillo, che gli aveva imposto la visita. Solo in extremis, dopo una telefonata di Conte, il comico ha acconsentito alla rinuncia. Dietro l'assenza dell'ultimo minuto, l'imbarazzo per la concomitanza con il G7 e le polemiche da parte del Pd. Qualche giorno prima, il fondatore aveva stoppato l'idea di Conte di inserire nel logo del M5s la dicitura «ConTe».

Il neo-leader è condizionato anche dal fattore-Travaglio. Marco, direttore del Fatto Quotidiano. Il giornalista, tra gli artefici del successo mediatico dell'ex premier, lo aspetta al varco sulla riforma della giustizia. A fine mese nel partito si discuterà del tema, ma tutti scommettono che alla fine Conte sarà costretto ad accettare il testo della Guardasigilli Marta Cartabia. A quel punto il Fatto, che lo ha incoronato capo dei Cinque stelle, potrebbe presentargli il conto e metterlo in discussione, come ha già fatto in parte Travaglio nell'editoriale di ieri. Dall'altro lato, quello governista, ci sono i big come Luigi Di Maio, Roberto Fico, Federico D'Incà, Stefano Patuanelli. Sono loro a tirare le fila sul territorio e nei gruppi. Gli occhi sono puntati soprattutto sulle mosse di Di Maio, che controlla circa il 60% dei parlamentari. Lui sta alla finestra, incide dal fortino della Farnesina, attende di capire come si evolverà il M5s contiano.

Ma dal suo entourage smentiscono ogni dualismo con l'avvocato: «Massimo sostegno a Conte».

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