Cultura e Spettacoli

Quel Jova Beach Party che ha chiuso un'era

E chi l'avrebbe detto che quella sera, mentre il sole tramontava sull'erba, sarebbe stata la fine di un'epoca?

Quel Jova Beach Party che ha chiuso un'era

E chi l'avrebbe detto che quella sera, mentre il sole tramontava sull'erba, sarebbe stata la fine di un'epoca? Jova Beach Party a Linate, 21 settembre 2019: la fine del tour di Jovanotti e anche (almeno per un paio d'anni) di quegli eventi con decine di migliaia di persone appiccicate, sudate, ballanti, euforiche una di fianco all'altra.

Le cose capitano e spesso uno non può neanche immaginarle. Nessuno dei centomila che, quel pomeriggio, avevano iniziato ad avvicinarsi al concerto, superando gorghi, pazientando in coda o impazzendo a trovare parcheggio, avrebbe creduto che da lì a pochi mesi le saracinesche del mondo si sarebbero abbassate in un gigantesco lockdown destinato a cambiare il nostro futuro. Figurarsi: l'atmosfera era di strepitosa euforia.

L'estate stava finendo ma le abbronzature erano ancora vivaci e dovunque, sia alla fila per il panino che sotto una delle gigantesche torri delay sparpagliate sul prato, si respirava la voglia di santificare per l'ultima volta la bella stagione e pazienza se le zanzare erano squadriglie in picchiata. Linate era chiuso come oggi (riaprirà, pare il 13 luglio) e il palco, da lontano, sembrava un'oasi di luci, un suk di colori, qualcosa che forse a Milano non si era mai vista così fosforescente e festosa.

Jovanotti era arrivato in bicicletta a Linate, quella bicicletta che poi, qualche mese dopo, diventò il suo veicolo per attraversare le Ande dal Cile fino a Buenos Aires. Un viaggio che RaiPlay ha poi trasformato in un diario in movimento con Lorenzo magrissimo e cotto dal sole, che filosofeggiava pedalando. Quel giorno la sua pedalata è stata breve, giusto il tempo di arrivare sul prato di fianco a Linate un po' prima dell'ingresso del pubblico. Forse neanche lui sapeva quanto quel concerto sarebbe diventato poi un simbolo definitivo, il marchio di chiusura di una ritualità che allora sembrava scontata e pochi mesi dopo era soltanto un miraggio, un sogno. Aveva trascorso tutta l'estate a bordo di un progetto, il Jova Beach Party, un tour che era qualcosa di coraggioso e vitale e mai pensato prima dalle nostre parti: fare concerti in riva al mare. Il Jova Beach Party era proprio questo: pomeriggi e sere di musica suonata dal vivo a pochi metri dal bagnasciuga. Da Lignano a Viareggio. A dire il vero, in un paese con settemila chilometri di coste, potrebbe sembrare una banalità, qualcosa che chissà quanti hanno fatto prima.

E invece no.

Nessuno c'era riuscito. Per carità, forse qualcuno lo aveva pensato e magari aveva anche iniziato a mettere nero su bianco il progetto. Ma soltanto Jovanotti e la sua squadra avevano avuto le forze e la voglia di portarlo a compimento. Dopotutto, il suo promoter Maurizio Salvadori è uno che viene da lontano, uno che ha organizzato concerti e tour ai limiti delle possibilità umane con gli artisti più creativi e coraggiosi in circolazione, dai Genesis ai Pooh degli anni Settanta, praticamente incontenibili. Ma persino lui ha avuto difficoltà a mettere in piedi una serie di concerti praticamente con i piedi nell'acqua e con il pubblico che, tra una canzone e l'altra, magari andava a farsi un tuffo in mare. È stata una impresa, diciamolo.

E, come tutte le novità in Italia, ha subito scatenato la reazione dei veri conservatori, ossia di chi non vuole cambiare nulla agitando sempre paure inesistenti. Al di là delle difficoltà meteorologiche oppure logistiche, il tour era stato pedinato dalle polemiche degli ambientalisti, dei Verdi, dei gretini e di chiunque agitava a ogni concerto lo spettro di qualche danno all'ecosistema. Uno stillicidio. Dopo settimane di accuse, persino il più garbato di tutte le popstar, cioè Jovanotti, era arrivato a urlare «basta con cialtroni e polemiche sul mio tour. Il mondo ambientalista è più inquinato delle fogne». Detto da un'icona della sinistra radical chic è praticamente una sentenza di condanna inappellabile.

In ogni caso, a Linate quella sera non c'erano i fumi di queste polemiche. C'era solo voglia di divertirsi con il più impeccabile dei maestri di cerimonie. Dalle 15 fino a mezzanotte Jovanotti è stato sul palco. Prima con i musicisti che suonavano prima di lui (gigantesco il chitarrista Bombino, da ricordare Tommaso Paradiso per la prima volta senza Thegiornalisti) e poi da solo con la band e gli ospiti tra i quali un grande Salmo alla batteria ne L'ombelico del mondo e un «visitatore spaziale», vale a dire Luca Parmitano in collegamento dalla stazione Iss. Sotto il palco c'era baraonda continua, un ballo ininterrotto per ore e ore, qualcosa di liberatorio, forse tribale, di sicuro allegro e positivo.

Alla fine, quando le luci hanno iniziato a spegnersi e Jovanotti aveva bruciato fino all'ultima caloria il mezzo chilo di pasta che mangia prima di salire sul palco, nessuno avrebbe potuto prevedere che, uscendo da Linate, si stava uscendo anche da un'epoca.

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