È il Fiom Act, libertà di licenziare in tronco chi dissente da Landini. La punizione, per un funzionario da quindici anni in permesso sindacale, è pesante: tornare in fabbrica a lavorare. Il malcapitato è Sergio Bellavita, duro e puro della direzione nazionale Fiom ma esponente della minoranza «Opposizione Cgil» non allineata al segretario Landini. Circostanza che può costare cara. Tra pochi giorni a Bellavita toccherà presentarsi in tuta blu ai cancelli della «Costruzione Emiliana Ingranaggi Spa» di Anzola Emilia, sua fabbrica di provenienza prima del lungo distacco sindacale, e rimettersi alla catena di montaggio. Landini con lui si è comportato come il più severo dei padroni, un Marchionne in felpa rossa. Racconta Bellavita: «Mi è stato comunicato il licenziamento dalla Fiom nazionale dopo 15 anni di impegno sindacale. Landini e la sua segreteria hanno deciso all'unanimità di darmi venti giorni di tempo per rientrare in fabbrica. Non vengo cacciato perché colto a rubare, vengo cacciato solo perché rappresento l'opposizione interna alla Cgil. Il dissenso che la Fiom e la Cgil hanno deciso di ridurre al silenzio, di espellere». E poi su Landini: «Anche questa è parte della pochezza di un segretario dispotico e arrogante che ha raccolto solo sconfitte e che lascerà solo macerie».
Su Facebook il sindacalista licenziato pubblica «la lettera della vergogna», la comunicazione firmata da Maurizio Landini e dal responsabile organizzativo Fiom Enzo Masini che come oggetto ha appunto la «cessazione dal distacco sindacale di Sergio Bellavita». Lì si legge che, per la Fiom, sono «venute meno le esigenze sindacali» che avevano portato al distacco del dissidente Bellavita. E dunque arrivederci e grazie, senza possibilità di fare appello dal sindacato, perché sono loro: «Ti invitiamo a prendere tempestivamente contatto con il tuo datore di lavoro per la reimmissione in servizio. Cordiali saluti». L'ala di sinistra del sindacato si schiera con l'espulso e contro Landini, «la statua che portano in processione e di cui tutti hanno paura a parlare male» dice Stefania Fantuzzi, delegata Fiom alla Fiat di Termoli. Anche l'ex leader Fiom, Giorgio Cremaschi, si scaglia contro Lanidni e il suo «atto di autoritarismo vergognoso, segno della totale degenerazione del gruppo dirigente». La componente barricadera del sindacato rimprovera a Landini la pace con Marchionne, il grande nemico su cui il segretario ha speso parole di elogio («Prima di lui la Fiat era a rischio fallimento, oggi no. Nessuno vuol negare le qualità finanziarie del manager, di tutto questo siamo contenti»). Linea che non è piaciuta alla minoranza, che l'ha fatto sapere.
Per i vertici Fiom il licenziamento è dovuto, «era venuta meno la fiducia» Bellavita ha «contestato ripetutamente le decisioni dell'Assemblea e del Comitato centrale della Fiom». Una grave colpa che va punita col ritorno in fabbrica. Non si scherza col «Fiom Act».
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