Si riapre il caso trivelle: referendari pronti al ricorso

I No triv vogliono appellarsi allo Sviluppo economico per cinque concessioni scadute E spostano lo scontro a Bruxelles: l'emendamento viola le norme Ue, si rischiano multe

Francesca Angeli

Roma Concessioni già scadute e violazione della direttiva europea sul libero mercato per la quale l'Italia rischia una multa salata. Il referendum è affondato per mancanza di quorum ma i NoTriv non si arrendono e proseguono la battaglia su due fronti: con il governo italiano e con la Commissione Ue.

Il Comitato per il sì chiude il capitolo referendario e presenta nuove iniziative che puntano a raggiungere l'obiettivo fallito dalla consultazione popolare: il blocco delle concessioni per le piattaforme estrattive.

Il costituzionalista Enzo Di Salvatore, redattore dei quesiti referendari, annuncia che il Comitato presenterà un ricorso al ministero per lo Sviluppo economico (al momento ancora vacante ed affidato ad interim al premier Matteo Renzi). Sono cinque le concessioni estrattive entro le 12 miglia già scadute prima del 31 dicembre 2015. Queste «dovranno immediatamente cessare la loro attività» perché di fatto operano in modo illegittimo, affermano i No Triv.

«La norma prevede che siano prorogati i titoli vigenti non quelli scaduti - attacca Di Salvatore - Quindi le aziende petrolifere stanno continuando ad estrarre senza autorizzazione». Al ricorso seguirà pure una richiesta di moratoria per tutte le attività estrattive sul modello di quella già avanzata in Francia ed in Croazia.

L'altro fronte aperto dai No Triv è quello europeo. La norma che prevede la proroga delle concessioni, quella che era oggetto del referendum, dicono, è comunque in palese contrasto con la normativa europea sulla libera concorrenza. Il principio messo in discussione prevede la proroga illimitata della concessione che si estingue soltanto quando il giacimento si esaurisce. In sostanza è un diritto a vita sul deposito. Diritto che le norme europee non concedono in nome del libero mercato per garantire competitività economica e pari opportunità di accesso all'attività di estrazione. Una interrogazione in questo senso è già stata inviata dall'europarlamentare Barbara Spinelli (Gue/Ngl) che sollecita un intervento della Commissione chiedendo se «intenda promuovere una procedura di infrazione contro l'Italia e se, in ogni caso, intenda esortare il governo italiano a modificare tale comma». La norma sulla competitività del mercato nel settore delle concessioni è simile alla direttiva Bolkestein che ha gettato nel caos il settore balneare perché ha stabilito l'illegittimità delle proroghe automatiche per gli stabilimenti.

Insomma il movimento No Triv dopo la batosta cerca di riorganizzarsi e riparte all'attacco del governo Renzi nella convinzione che le politiche energetiche del paese vadano cambiate e che i 13 milioni di italiani che hanno votato sì debbano essere ascoltati.

E che quella di Renzi possa trasformarsi un una vittoria di

Pirro è anche la convinzione del capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta. Il Codacons invece ancora una volta sottolinea «l'enorme spreco» di 300 milioni di euro per un referendum già destinato al fallimento.

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