Si sgonfia la banda di Travaglio e Santoro

Manettari in tilt per la condanna e la decadenza del loro sodale sindaco di Napoli. Marco parla come Berlusconi: "Sentenza tragicomica". E il loro "Servizio pubblico" crolla negli ascolti

Si sgonfia la banda di Travaglio e Santoro

Quello che sta accadendo sul caso del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, per dirla con le parole di una famosa canzone di Jovanotti, è «il più grande spettacolo dopo il big bang». Non ci crediamo ancora. Succede che il clubbino dei giustizialisti manettari che da vent'anni predica su giornali e in tv - con arroganza e malcelata superiorità morale - «più manette per tutti» è andato in tilt. Contrordine compagni, aveva ragione Berlusconi: le iniziative dei giudici non hanno carattere divino, chi ne è coinvolto non deve sottomettersi, la giustizia è una guerra tra bande. Tutto questo perché ad essere colpito è stato un loro sodale.

La vicenda, molto in breve. Nel 2008 uno sconosciuto pm, Luigi De Magistris, apre una clamorosa inchiesta, denominata Why not , che tra arrestati e indagati coinvolge oltre trenta tra politici e imprenditori. Al duo Santoro-Travaglio non sembra vero. In una puntata di Annozero , De Magistris viene arruolato e trasformato in eroe. Why not diventa un simbolo, una sorta di nuova Mani pulite. Travaglio emette già le sentenze in diretta tv: tutti ladri. La star De Magistris si monta la testa e fa altri danni. Troppi danni. Caso più unico che raro, il Csm lo vuole cacciare a calci nel sedere dalla magistratura e lui, per evitarlo, smette di fretta la toga e passa a fare danni in politica, prima come europarlamentare di Di Pietro, poi come sindaco di Napoli.

Intanto i trenta disgraziati ammanettati da De Magistris e linciati da Travaglio e Santoro, vengono tutti assolti per non aver commesso il fatto. L'unico condannato di Why not è proprio l'ex pm eroe: 18 mesi e sospensione dai pubblici uffici per aver spiato illegalmente, in combutta con un altro tipo losco, il perito Gioacchino Genchi (secondo Rutelli, quello che passa abitualmente carte giudiziarie riservate a Travaglio per sputtanare il malcapitato di turno), i telefonini di una decina di parlamentari. Apriti cielo. La beffa è che in base alla legge Severino, da loro voluta e osannata perché permise di cacciare Berlusconi dal Senato, De Magistris deve decadere da sindaco di Napoli. Travaglio è sull'orlo di una crisi di nervi, improvvisamente le sentenze dei giudici non sono più il vangelo ma un «tragicomico errore».

Anche De Magistris cambia idea sulle dimissioni automatiche di politici condannati: «Non mi dimetto da sindaco, giudici vergognatevi», annuncia tra lo sconforto dei poveri napoletani. Santoro, giovedì all'esordio stagionale di Servizio pubblico , oscura l'imbarazzante caso del suo eroe e con una ardita manovra diversiva butta in campo una squinternata Sabina Guzzanti a gettare fango su mezza classe politica.

Risultato? Il pubblico cambia canale e Santoro fa il minimo di ascolti di sempre. Perché non è finito solo De Magistris. È tutto quel mondo di moralisti in malafede che ha stufato con le sue panzane. Si è afflosciato alla prima puntura di spillo. Come capita ai palloni troppo gonfiati.

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