Ha aspettato l'approvazione definitiva del decreto sicurezza, fedele al suo ruolo di terza carica dello Stato, incassando per questo il pubblico apprezzamento del vicepremier Luigi Di Maio, ma poi ha espresso tutto il suo malumore per il provvedimento bandiera della Lega, facendosi portavoce di quella parte del M5s che condivide i suoi mal di pancia. Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha inoltre dichiarato pubblicamente che l'Italia deve assolutamente aderire al Global Compact, il patto Onu sull'immigrazione che il governo ha deciso invece di non firmare rinviando la questione al Parlamento e disertando l'imminente vertice di Marrakech.
Formalmente un'opposizione all'alleato di governo Matteo Salvini, con il quale ha da sempre poco da spartire. Ma qualcuno dietro a queste prese di posizione di Fico intravede anche una manovra di disturbo nei confronti di Di Maio, in un momento in cui il ministro del Lavoro è più debole, sfiancato dagli attacchi per le vicende paterne. Attacchi per i quali Fico gli ha comunque espresso solidarietà. Una sorta di vetrina per il presidente della Camera, che rappresenta da sempre l'ala più progressista dei Cinque Stelle, con l'obiettivo di diventare il punto di riferimento per gli scontenti del Movimento. Si capisce così che la sua assenza alla votazione finale del dl Sicurezza era effettivamente, come i giornali avevano interpretato, una presa di distanza dal provvedimento. È lo stesso Fico a confermarlo: «È una presa di distanza, non ne ho parlato prima perché rispetto il mio ruolo, rispetto i diritti di maggioranza e opposizione, mando avanti i provvedimenti che arrivano in aula. Ripeto, rimango fedele al mio ruolo istituzionale, ma se poi parliamo nel merito del provvedimento, dopo che è stato approvato, quello è un altro discorso». In aula, durante la discussione alla Camera e al Senato, c'erano state in effetti molte tensioni nel M5s. Malesseri poi rientrati non tanto per convinzione quanto per la necessità di rispettare il contratto di governo. L'«uscita» di Fico potrebbe servire a fare proseliti tra quei pentastellati a cui sta stretta l'alleanza con la Lega.
Alle rivendicazioni del presidente della Camera ha risposto il ministro Salvini, dando vita a un vivace botta e risposta a distanza. «Non ho capito se chi contesta il decreto lo ha letto, visto che allontana i delinquenti e aumenta la lotta a mafia, racket e droga», dice il vicepremier leghista. «L'ho letto, l'ho letto, ma ci sono tante cose che non avrei voluto leggere al suo interno», ribatte Fico. Il quale continua la sua azione di disturbo dicendo sì al Global Compact, dopo che tre giorni fa in aula il leader della Lega aveva annunciato il suo no, annullando la partecipazione dell'Italia alla riunione dell'Onu per sottoscrivere il documento. «Ritengo che dovremmo aderire al Global Compact, serve all'Italia per non isolarsi, per non rimanere sola sulla questione immigrazione», dice invece Fico. Salvini non ne vuol sentir parlare. Per il ministro leghista quel patto «mette nello stesso pentolone migranti, rifugiati e irregolari». Per questo vorrebbe che a decidere fosse il Parlamento.
Di Maio non nasconde diversità di vedute tra Lega e M5s, ma cerca di smussare: «Ne discuteremo in aula». Anche il premier Giuseppe Conte, consapevole della distanza tra i due alleati di governo, ha proposto di parlamentarizzare il dibattito.
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