Politica

Il travaglio dei 5 Stelle su Draghi: la partita dei numeri in Aula

L'ex governatore della Bce convocato al Colle. I grillini divisi. Crimi: "Non lo votiamo". Ma altri aprono

Il travaglio dei 5 Stelle su Draghi: la partita dei numeri in Aula

Per più di un'ora tutti attendono la posizione dei grillini. Il silenzio regna assoluto. All'inizio parlano solo alcune voci critiche, che di sicuro non daranno il loro appoggio ad un eventuale governo guidato da Mario Draghi. Escono allo scoperto alcuni deputati (Colletti, Gallo, Brescia), il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, e i senatori Elio Iannutti e Danilo Toninelli. All'inizio i vertici del Movimento invece tacciono. Tacciono perché la decisione è ardua: abbracciare il governo tecnico, seguendo l'invito di Mattarella; oppure dire di "no", creando qualche inciampo al nascituro esecutivo. In entrambi i casi, è molto probabile che i Cinque Stelle possano spaccarsi in due. "Il M5S ha tante anime, una più governista e una più di protesta - dice Emilio Carelli, fresco ex pentastellato - io non penso ci sarà una grande unità".

Il redde rationem arriverà oggi. L'assemblea congiunta dei deputati e dei senatori grillini è convocata per le 15. Al centro del dibattito ci sarà, ovviamente, quanto deciso dal Quirinale, che - dopo le fallimentari consultazioni di Roberto Fico - ha chiamato l'ex capo della Bce per far nascere un governo di "alto profilo". Per ora la posizione ufficiale è quella espressa da Crimi ieri sera: "Il MoVimento 5 Stelle, già durante le consultazioni, aveva rappresentato che l'unico governo possibile sarebbe stato un governo politico. Pertanto non voterà per la nascita di un governo tecnico presieduto da Mario Draghi". I toni sono diversi da quelli di Di Battista, che è tornato a definire il banchiere "l'aposto delle elitè", ma la sostanza non cambia. Eppure molti osservatori vedono possibile una scissione interna ai grillini, che potrebbero dividersi tra governisti e movimentisti. E magari potrebbero emergere pure alcuni "contiani".

L'assemblea dei grillini sarà uno dei passaggi fondamentali della giornata di oggi. Draghi salirà al Colle in mattinata, è probabile che gli verrà affidato un pre-incarico. Poi ci saranno le consultazioni coi partiti e l'eventuale formazione del governo. Il voto dei Cinque Stelle, soprattutto al Senato, potrebbe essere pesante, anche se forse non determinante. Ad oggi, stando alle dichiarazioni ufficiali, Draghi può contare sull'appoggio di Italia Viva, che conta 18 senatori. Il neonato gruppo di europeisti (sono una decina) dovrebbe fare lo stesso, anche se l'accozzaglia è tale che tutto è possibile. Solitamente governista il gruppo Per le Autonomie. Il Pd (35 senatori) invece per ora non si è espresso, appare dilaniato e deluso, ma i rumors dicono che alla fine si adeguerà al volere di Mattarella. Ancora da capire la posizione di Leu (6 senatori), che fino a poco fa si diceva certo che senza Conte l'unica via sarebbe stata quella delle urne. Diamo infine per scontato il voto positivo di almeno tre senatori a vita, gli stessi che accordarono la fiducia anche a Conte (Monti, Cattaneo, Segre).

Anche nel centrodestra è partito il valzer delle discussioni. Forza Italia (54 senatori) sembra orientata ad appoggiare il banchiere, che lo stesso Berlusconi ha più volte rivendicato di aver voluto alla guida della Bce. Sicuro invece il sostegno dei 3 senatori di Cambiamo! che fanno capo a Giovanni Toti. Diverso il discorso per Fratelli d'Italia (19) e Lega (63). Giorgia Meloni ha sempre sposato la linea del voto, anche se in una nota di ieri sera ha fatto trapelare la disponibilità ad un'opposizione "responsabile" e non belligerante. Salvini dopo l'annuncio di Mattarella ha twittato l'articolo 1 della Costituzione ("la sovranità appartiene al popolo"), ma da federatore della coalizione è probabile che lavorerà ad una mediazione che tenga insieme il centrodestra e non ostacoli il nuovo esecutivo. In fondo Giorgetti e una parte del partito da tempo sono convinti che il Carroccio dovrebbe essere della partita. E poi fu lo stesso Salvini, un anno fa, a proporre il nome dell'ex numero 1 dell'Eurotower. Ieri ha detto: "Io non faccio questioni di nomi. Il governo non è un fine ma un mezzo. Poi a chiunque voglia ragionare del futuro dell'Italia non dico mai di sì o di no per simpatia o pregiudizio". Come a dire: nessun via libera a "pacchetto chiuso", ma "non abbiamo pregiudizi". Insomma: "Noi ci siamo per votare qualcosa che serva agli italiani". Di sicuro la compattezza leghista non è in discussione: quello che deciderà il capitano faranno le sue truppe.

Dunque per ottenere la fiducia con almeno 161 voti in Senato, al netto dei partiti di cui pare già scontato il "sì", Draghi avrà bisogno dell'appoggio (interno o esterno) del M5S o della Lega. Le opzioni sul tavolo sembrano due: o Salvini si convince a sposare SuperMario, oppure i grillini potrebbero spaccarsi. "Non ci vengano a chiedere di votare Draghi. Abbiamo fatto di tutto: non siamo l'establishment e non possiamo votare per l'establishment", ha detto Toninelli. "Non esiste il governo tecnici: se qualcuno cerca scuse per manovre lacrime e sangue non troverà il nostro appoggio", ha rilanciato il ministro della Pa, Fabiana Dadone. Ma l'appello di Mattarella è stato chiaro. E qualcuno risponderà "presente". Giorgio Trizzino, deputato M5S considerato vicino a Beppe Grillo, ieri ha dichiarato che la scelta di Mattarella è "coerente con la drammatica situazione in cui è piombato il Paese".

Posizione ben diversa da quella di Crimi: quanti la pensano come lui? Non resta che attendere l'assemblea nel pomeriggio, che si annuncia infuocata.

Commenti