Quel silenzio di Mattarella fa troppo rumore

Dalle lodi per la sobrietà alle critiche perché non interviene nemmeno quando ce n'è bisogno. Brunetta: "Per molto meno a Berlusconi il Colle impose le dimissioni"

Quel silenzio di Mattarella fa troppo rumore

Roma Il silenzio di Mattarella inizia a fare troppo rumore. Appena eletto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha raccolto palate di elogi per il suo stile sobrio e per la scelta di essere sempre di poche, pochissime parole. Un atteggiamento pure comprensibile da parte dei media e dell'opinione pubblica soprattutto dopo nove anni di un loquace, loquacissimo Giorgio Napolitano che ha spesso sconfinato dal suo ruolo di capo dello Stato per assumere quello di jolly, ovvero la carta che può ricoprire il ruolo di tutte le altre a seconda della necessità.

Ora però a distanza di sei mesi dall'insediamento al Quirinale questo silenzio comincia a pesare, a trasformarsi in qualcosa d'altro. Come quando si arriva in campagna e all'inizio ci si immerge con piacere nell'assenza dei rumori della città dei quali però dopo una settimana o due si comincia a sentire la mancanza. La sensazione che fosse venuto a mancare qualcosa è stata avvertita in modo inequivocabile nel momento in cui è stato approvato l'Italicum. Chi si aspettava un commento, una frase almeno un fiato dal garante delle Carta costituzionale è rimasto deluso. Nonostante l'approvazione sia avvenuta con un irrituale ricorso alla fiducia il Quirinale ha firmato e taciuto. Mattarella ha taciuto nonostante fosse il padre di una legge elettorale assai diversa, il Mattarellum, con la quale si è votato fino al 2001. E soprattutto nonostante nel 2013 nella veste di giudice costituzionale avesse bocciato un'altra legge elettorale, il Porcellum. Più volte sollecitato direttamente o indirettamente a parlare il capo dello Stato non ha cambiato registro. Ora in ballo c'è la riforma del Senato sulla quale si è creato un asse trasversale molto affollato che chiede un cambiamento del testo approvato alla Camera nel marzo scorso. Che cosa succederà dopo la pausa estiva? Sono in molti a pensare che su una questione tanto delicata debba intervenire il presidente della Repubblica.

Un appello esplicito arriva dal capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta. «In merito alle riforme e ai numeri del governo, con rispetto, domandiamo al presidente della Repubblica di esaminare la questione nella sua oggettività drammatica e alla luce dei precedenti più immediati - scrive Brunetta - Questo governo non ha la maggioranza in Parlamento (oltre che nel Paese): 176 senatori su 320 hanno firmato emendamenti depositati che bocciano la grande riforma costituzionale che l'attuale premier ha indicato come colonna portante e senso stesso del suo mandato di presidente del Consiglio».

Invece di cercare il dialogo, conclude Brunetta, il premier cerca «il muro contro muro». Una scelta pericolosa avverte «su una materia per la quale è decisivo l'ampio consenso in Parlamento» ricordando che per «molto meno» nel 2011 Napolitano «convocò Silvio Berlusconi e gli impose le dimissioni».

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