«Sindacati ridicoli. E boccio il reddito minimo»

RomaUn tempo era la sede romana della Federazione comunista italiana. Oggi i locali di via dei Frentani si sono trasformati in un centro congressi. Ed è qui che ieri si è svolto il convegno Inno alla rivoluzione sovietica , promosso dal Partito comunista di Marco Rizzo, con rappresentanti di una trentina di Paesi, compresi nordcoreani e cubani.

I maliziosi liquiderebbero la cosa come l'ennesima «operazione nostalgia».

«Dobbiamo ripartire dai fondamentali. Il messaggio che lanceremo è che non è fallito il comunismo bensì la sua revisione. O meglio le revisioni fatte dagli anni Quaranta in poi».

Difficile pensare di poter tornare indietro. La società di mercato sembra inattaccabile.

«La società di mercato è avanzata perché facevano pensare che era l'unico modo per far crescere l'economia e il benessere. Ma non è così. Basta pensare a cosa accadrebbe se tutti vivessero con il tenore di vita degli americani».

E cosa accadrebbe?

«Non basterebbero cinque pianeti per sfamarci tutti».

Quindi anche voi prospettate la decrescita felice?

«Al contrario! E poi ogni decrescita è infelice. Come è infelice anche l'idea del reddito minimo garantito».

Detta da un comunista suona un po' forte.

«Vogliamo il lavoro. E il lavoro è possibile. Basta poco. Bisogna nazionalizzare tutte quelle industrie che dal Dopoguerra a oggi hanno ricevuto soldi pubblici o che hanno delocalizzato».

Per tornare ai tanto odiati «carrozzoni di Stato»?

«Mai! Piuttosto bisogna farli gestire dagli stessi lavoratori. Loro sì che hanno a cuore le aziende».

Chissà cosa direbbe la Cgil.

«Meglio lasciarla perdere!»

Non sta esagerando con i paradossi?

«Solo adesso che Renzi fa il neoliberista puntano i piedi. Ridicoli! Ora anche D'Alema è con loro ma solo per riconquistare potere! Il sindacato che vogliamo noi deve essere un sindacato di classe. E guardi che la nostra ricetta fa bene anche al ceto medio».

Questa me la deve spiegare.

«Dal

2000 a oggi le persone con un patrimonio di oltre 50 milioni di euro sono triplicate, mentre la proletarizzazione del ceto medio è inarrestabile. Ecco perché tutti dovrebbero fare attenzione al nostro modello di sviluppo».

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