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Il sindacato che pensa prima al suo stipendio

Ci si domanda che razza di sindacato sia la Cisl: se non è stata in grado di identificare gli abbienti di casa propria, e ha atteso che fosse Scandola ad additarli, come farà ad agire con profitto nell'attività di tutela degli interessi dei lavoratori?

Il sindacato che pensa prima al suo stipendio

Una storia così poteva svolgersi soltanto in Italia, dove accadono cose assurde nell'indifferenza quasi totale, accettate dalla massa con la stessa rassegnazione suscitata dalle calamità naturali. Udite. Un sindacalista della Cisl, Fausto Scandola, scopre, grazie a una personalissima indagine, che alcuni suoi colleghi dirigenti hanno un reddito elevato, inconcepibile se incassato da chi ha la missione di garantire la giustizia salariale. Si parla di emolumenti per circa 300mila euro annui.

Scandola rende pubblica la notizia scandalosa e probabilmente si aspetta un encomio; invece la segretaria generale, Annamaria Furlan (subentrata a Raffaele Bonanni), s'infuria. Con i superstipendiati? No. Se la prende con il denunciante, al punto che questi è cancellato dall'elenco degli iscritti. Cacciato lui, come un ladro, al posto di coloro che sono stati sorpresi con le tasche piene di soldi. Ignoro con quale criterio sia stato adottato simile paradossale provvedimento, meritevole in ogni caso di figurare nelle prime pagine dell'antologia degli orrori nazionali.

Stupisce che la signora Furlan e i suoi collaboratori non si fossero mai accorti che sotto il loro naso si compiva un'ingiustizia tanto grossa: compensi stellari ad alcuni tribuni del popolazzo, mai segnalatisi per prodezze in favore di operai e impiegati. Ci si domanda che razza di sindacato sia la Cisl: se non è stata in grado di identificare gli abbienti di casa propria, e ha atteso che fosse Scandola ad additarli, come farà ad agire con profitto nell'attività di tutela degli interessi dei lavoratori? Se poi, di fatto, punisce il moralizzatore - mettendolo alla porta - e chiude un occhio sui fortunelli beneficiari di retribuzioni favolose, si rivela indegna di rappresentare la massa dei dipendenti sottopagati o malpagati.

Annamaria Furlan si occupa da molti anni del sindacato cattolico, in posizioni importanti, tant'è che ora è al vertice dell'organizzazione: non le è mai passato per la mente di controllare il libro paga? Se lo ha sfogliato, avrà visto che alcune cifre superavano di gran lunga la media. Se non lo ha fatto, o ha chiuso le palpebre per quieto vivere, ha commesso un errore aggravato dal licenziamento di colui il quale, viceversa, ha svelato l'indecenza. Se la numero uno della Cisl non compulsa nemmeno il bilancio e le sfugge l'entità macroscopica di certe somme, forse è inadeguata: le converrebbe dimettersi, chiedendo scusa agli iscritti per essersi seduta su una poltrona che non le competeva.

Adesso nella confederazione è cominciato lo scaricabarile e, tra alcuni giorni, l'incidente sarà archiviato. Nel nostro Paese, in cui la settimana corta è sacra, la memoria è cortissima. Ma sono curioso di capire a quale stratagemma ricorrerà il gruppo dirigente per far digerire i 300mila euro dispensati qua e là a chi, sgobbando otto ore al dì, fatica a percepirne 20mila (all'anno). L'impresa si annuncia complicata.

Non tutti i guai vengono per nuocere. Speriamo che i lavoratori, davanti all'evidenza e sentendosi gabbati, comprendano che non vale la pena di pagare una quota mensile - trattenuta direttamente in busta - allo scopo di rimpinguare il conto in banca a persone che dicono di difenderli e, in realtà, li sfruttano.

Peggio dei padroni ci sono solamente i sindacati.

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