Il sindaco dem non si dimette e "sceglie" di restare in cella

Uggetti si è sospeso dal partito ma non ha lasciato l'incarico. E questo ostacola la sua scarcerazione. Intanto Lega e Cinque stelle vanno in piazza a Lodi: «Deve andarsene»

Il sindaco dem non si dimette e "sceglie" di restare in cella

E stamattina per Simone Uggetti arriva il momento della verità: ore 10, sala interrogatori del carcere di San Vittore, primo faccia a faccia con i due pubblici ministeri che lo hanno fatto finire in cella per l'appalto delle piscine comunali. Momento chiave non solo per le ammissioni che potrà fare sul bando cucito su misura, insieme all'amico Alberto Marini, per garantire a Sporting Lodi il business da centomila euro dei bagni estivi dei lodigiani. Ma anche perché ai due pm, se vuole sperare di uscire dal carcere in tempi brevi, Uggetti dovrà spiegare quali sono le sue intenzioni come politico e come pubblico amministratore. Se dovesse venire liberato, si presenterebbe la mattina dopo come se niente fosse nel suo ufficio di sindaco? O è pronto a fare quel passo indietro che le opposizioni gli chiedono a gran voce?

Finora, Uggetti ha dato l'impressione di voler restare saldamente ancorato alla carica conquistata nelle elezioni di tre anni fa. Il giorno stesso dell'arresto si è autosospeso dall'iscrizione al Pd, ma si è ben guardato dal restituire la fascia tricolore. In questo momento e fino a quando sarà agli arresti, tecnicamente non è in carica, ma appena venisse revocata l'ordinanza di custodia avrebbe il diritto di riprendere il suo posto. Sarebbe una situazione indubbiamente surreale, ma in questo momento nessuno può costringere Uggetti a rimettere il mandato. Neanche il suo partito, il Pd, che pure - visto il putiferio scatenato dalla vicenda Lodi - avrebbe qualche buon motivo per togliersi d'imbarazzo liquidando Uggetti.

Invece ancora ieri il segretario dal Pd lodigiano, Andrea Ferrari, difendeva a spada tratta il sindaco in cella, «il sindaco di Lodi non ha rubato un euro», l'appalto delle piscine «aveva un interesse pubblico», «la fattispecie deve essere contestualizzata» e comunque «fino a prova contraria c'è la presunzione di innocenza». Ma intanto su Lodi calano i leader delle opposizioni, prima i grillini con Luigi Di Maio, poi la Lega con Roberto Calderoli, che sbarcano in piazza della Vittoria davanti a platee un po' sparute a pretendere le dimissioni di Uggetti.

Invece, per adesso, niente. Il sindaco sa perfettamente che fino a quando non si dimette le due pm difficilmente daranno l'okay alla sua scarcerazione, però tiene duro. D'altronde, come fa sapere ieri uno dei suoi avvocati «Uggetti è una persona forte», e insomma anche se «la situazione non è facile per nessuno» lui è in grado di resistere. Oggi, «risponderà alle domande dei pm «perché la linea è della «massima collaborazione». Ma difficilmente andrà al di là di quanto ha già ammesso davanti al giudice preliminare, nel primo interrogatorio, e che non è bastato a uscire dal carcere. D'altronde il gip è lo stesso che ha scritto testualmente che il sindaco ha una «personalità abietta», e non sono giudizi che un magistrato si rimangia facilmente.

A questo punto la domanda vera è: perché? Cosa spinge Uggetti a non presentare quelle dimissioni che gli schiuderebbero le porte della cella? La sua carriera politica è finita, questo è (quasi) sicuro. Anche se le altre tre inchieste aperte dalla Procura sul lato oscuro degli affari comunali non arrivassero a coinvolgerlo, la vicenda dell'appalto per le piscine, scritto a quattro mani con la società che lo avrebbe vinto, lo costringerà a cambiare mestiere.

Ma lui, come il suo collega veneziano Orsoni, non molla. C'è qualcuno che forse potrebbe convincerlo a farsi da parte: Lorenzo Guerini, il vicesegretario del Pd. Ma Guerini era sindaco di Lodi prima di lui. E forse non scalpita dalla voglia che Uggetti si senta scaricato.

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