La sinistra miope sulla mozione unica: votano contro pur di isolare l'Italia

Barelli (Fi): "Dividersi ora è una follia". E una parte dei dem sosterrà il testo

La sinistra miope sulla mozione unica: votano contro pur di isolare l'Italia

Davanti ad un caffè alla buvette di Montecitorio il capo dei deputati azzurri, Paolo Barelli, parla senza infingimenti della sortita di Giorgia Meloni a New York, dell'idea di una mozione unitaria in Parlamento sulla Palestina che rilanci la prospettiva dei "due Stati, due popoli". "La questione palestinese - ammette - è diventata una psicosi collettiva. Coinvolge le famiglie, i nostri elettori Ci sono nostri sindaci che agitano le bandiere palestinesi. È la ragione che ha spinto Giorgia a fare questa proposta. L'opposizione vuole riconoscere subito lo Stato palestinese; noi invece puntiamo sull'impegno a riconoscerlo dopo la liberazione degli ostaggi e spazzata via Hamas. Possiamo dividerci solo sui tempi quando ancora non c'è uno Stato da riconoscere? Una follia! Dividersi con Trump che dice una cosa diversa ogni giorno è un errore. Ma alla sinistra - lo dico con amarezza - interessa solo cavalcare l'argomento".

Due passi in Transatlantico e seduto su un divano il vicesegretario del Pd, Beppe Provenzano, suona l'altra campana. Un'ora prima l'opposizione ha occupato l'Aula chiedendo un intervento del governo in difesa della Flotilla diretta verso Gaza. Crosetto ha inviato una fregata a scortarla. Ma anche su questo maggioranza e opposizione - è destino - si dividono: il Pd Matteo Orfini dice che si tratta di "una nave di soccorso", il sottosegretario Perego giura che è "una nave da guerra di quelle serie". "Vediamo - sospira Provenzano - cosa dirà domani il governo. Ci vorrebbe un momento come Sigonella, un gesto di indipendenza in difesa della Flotilla. Sulla mozione della Meloni dico solo una cosa: si accodi. Non ci prestiamo a giochetti parlamentari. La verità è che è spiazzata dal montare della vicenda nell'opinione pubblica. È inutile però che tiri in ballo Hamas, noi non vogliamo Hamas quanto lei, il nostro interlocutore è l'Autorità palestinese come lo è per la Francia e per l'Inghilterra. A meno che la premier non pensi che pure questi Paesi legittimino Hamas".

La questione è complicata. Pesano pregiudizi e calcoli elettorali. Così l'idea della premier di una mozione unitaria sulla Palestina rischia di allungare il capitolo delle occasioni perdute. Ma non è detto: nel palazzo parlano di contatti tra la Meloni e la Schlein e solo un miope non si renderebbe conto che un'operazione del genere garantirebbe un salto di qualità ad entrambi gli schieramenti. Si tornerebbe ad avere una Politica estera con la "P" maiuscola in Parlamento, ripetendo pagine, appunto, come quelle di Sigonella. Inoltre, a parte le differenze sulla tempistica l'Italia si aggiungerebbe ai 157 paesi che individuano nello schema "due popoli, due Stati" l'unico epilogo possibile per dare soluzione alla questione palestinese. Un'opportunità che i più avvertiti colgono in entrambi gli schieramenti. "Sarebbe un modo - sussurra il piddino Stefano Graziano - per liberare il governo dall'abbraccio con Trump e Netanyahu". "È una proposta da non far cadere - ragiona Piero Fassino - anche se la Meloni ancora non dice quando presenterà la mozione: sarebbe un primo passo che avrebbe potuto far prima e che fa solo per il timore di restare isolata in Europa e nell'opinione pubblica. Un sondaggio di oggi dice che l'87% degli italiani è favorevole al riconoscimento dello stato palestinese. Inoltre le condizioni della Meloni sono le stesse che hanno posto Macron e Starmer. Anzi quelle contenute nella dichiarazione franco-saudita di qualche settimana fa erano ancora più stringenti su Hamas".

Pure per l'opposizione, quindi, la mozione unitaria potrebbe essere un punto a favore. "Se fossi in loro - osserva Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera di Fi - direi: Finalmente ci siete arrivati anche voi, ci sono voluti sessantamila morti ma alla fine siete venuti sulle nostre posizioni. Per fare un'operazione del genere, però, ci vorrebbe una sinistra con il cervello, che conoscesse sintassi, grammatica e ortografia della politica. Una sinistra che non c'è".

Il punto è che da noi purtroppo la politica estera finisce per essere assorbita dalle logiche da cortile di casa nostra. Si parla di Palestina ma si pensa anche ad altro. Una logica perversa che manda in cortocircuito gli stessi schieramenti. Grandi e piccoli. Nel centrodestra Salvini pone già degli altolà. Nel campo largo Conte e Bonelli escludono ogni ipotesi di confronto con la Meloni a priori. Addirittura gli schieramenti lillipuziani vanno in cortocircuito. Così mentre Calenda su X liquida la sortita della premier come "un modo furbo per dire no al riconoscimento della Palestina", Marattin è convinto che chi bara sia la sinistra. La lettura di Ettore Rosato, sempre di Azione, invece, si basa tutta sul consenso: "Il campo largo non vuole privarsi della possibilità di fare una battaglia. Se la premier dicesse riconosco la Palestina domani, direbbero comunque di no".

Insomma, chi ci capisce è bravo. E forse ha ragione il ministro Zangrillo quando esclama sconsolato: "In Italia si specula su tutto". Restano le immagini che arrivano da Gaza che fanno montare l'indignazione dell'opinione pubblica. "La verità - racconta Matteo Orfini - è che la Meloni ha sottovalutato la questione.

Nelle scuole delle mie figlie l'adesione allo sciopero per la Palestina è stata totale. E un professore di destra mi ha chiesto: Perché Giorgia ha sposato questa posizione". Un fenomeno che dovrebbe preoccupare non tanto la premier quanto Netanyahu e ancor di più chi ha a cuore il bene di Israele".

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