RomaLa sinistra prova a ricompattarsi. E sceglie una piazza. Non una qualsiasi. Piazza Santi Apostoli. La piazza del trionfo dell'Ulivo nel 2006. Sul palco allora c'era Prodi. Oggi invece è il nuovo modello «laburista» che prova a riunirsi sotto il palco dove si schiera il nuovo gruppo guidato dalla triade Landini, Civati e Vendola. È stato quest'ultimo a chiudere il comizio in qualità di padrone di casa. Bocciando senza appello il renzismo dilagante. «Una sinistra che vince e fa le cose di destra non serve» tuona con parole appassionate. E il campione della retorica (nel senso alto del termine) avverte che se non è ancora il momento di un nuovo partito, formalmente inteso, è già l'ora di riorganizzarsi e di chiamare a raccolta i disillusi e quelli che proprio del renzismo non ne possono più. E così lancia da piazza Santi Apostoli la «coalizione dei diritti e del lavoro». Questo, spiega, «non significa scegliere la scorciatoia di un nuovo contenitore». Dal momento che il leader di Sel non ha nessuna intenzione di essere «risucchiato nel dibattito» sul Pd, scissione sì o scissione no. Da questa trappola si smarca con parole eleganti e a sicuro effetto empatico. E torna a tuonare sulle questioni concrete. Boccia appunto la politica economica di Renzi a partire proprio dalla vexata questio dell'articolo 18. «La crisi sta travolgendo l'Europa. Non è più tempo di austerity. Il loro modello ha fallito. Bisogna lottare contro ogni forma di precarietà». E da uomo di sinistra confessa di provare vergogna quando sente Renzi dire: «Basta con i privilegi». «Ci vuole far precipitare in un nuovo Ottocento. Magari in un Ottocento 2.0 dove i diritti vengono disattivati con qualche corrivo cinguettìo sui social network . Sulla stessa linea il leader della Fiom. Maurizio Landini non ha a disposizione lo stesso eloquio del segretario di Sel: «Basta con questo c... di 3% che l'Europa ci impone». «Se Renzi vuole fare una battaglia in tal senso - avverte - avrà tutto il Paese con sé a cominciare da noi. Ma la smetta di mettere i figli contro i padri; di dividere il nostro mondo tra precari e privilegiati». Pippo Civati era forse l'ospite più atteso, visto che il tema del giorno è appunto la potenziale scissione nel Pd. Tutti aspettavano le sue parole. E non si è fatto pregare. Senza la verve appassionata di Vendola, e senza i toni esaltati di Landini, Civati ha usato un bisturi, però, altrettanto affilato. «È incredibile - ha esordito pacatamente - che venendo qui io debba giustificarmi e che venga considerato innaturale che io dialoghi con voi». D'altronde, aggiunge con sorriso quasi beffardo, «siete gli unici a conservare il nostro programma elettorale. Di quello noi non abbiamo conservato quasi nulla e siamo riusciti a superarci non conservando nemmeno il programma delle primarie».
«Volevo vederlo Renzi l'anno scorso, contro Cuperlo e me alle primarie, provare a ottenere il consenso degli iscritti dicendo che avrebbe voluto abolire l'articolo 18 e rispettare il vincolo del 3%!» Civati, quindi, propone il «patto degli Apostoli» come contraltare del patto del Nazareno. «Ma chiaro e trasparente. Deciso qui davanti a tutti e che ci faccia difendere i valori della sinistra e della politica». E soprattutto, dice, «non vergogniamoci di essere coerenti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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