Lo "smarcamento" dalla Lega dà frutti alla Meloni. Gli italiani ora si fidano più di lei che di Salvini

La leader Fdi al 35% di gradimento: dietro a Conte (39%), ma davanti a Matteo (31%)

Lo "smarcamento" dalla Lega dà frutti alla Meloni. Gli italiani ora si fidano più di lei che di Salvini

Il passaggio romano del premier ungherese Viktor Orban è stata soltanto l'ultima occasione per Giorgia Meloni e Matteo Salvini di differenziare il più possibile le rispettive posizioni. A settembre scorso, quando è nato il Conte 2, i leader di Fratelli d'Italia e Lega avevano ritrovato compattezza e sintonia. E sembravano marciare d'amore e d'accordo. Erano ancora lontani i giorni in cui avrebbero dovuto iniziare a pestarsi i piedi per uscire uno dall'ombra dell'altro. L'ultima fotografia demoscopica resa nota l'altra sera a Carta bianca (Rai Tre), mostrava l'andamento della fiducia degli italiani nei confronti dei leader. Le risposte, raccolte dall'Istituto Ixè, dimostrano che Giorgia Meloni è il leader di partito di cui gli italiani si fidano di più. Dopo il premier Conte (39%), viene infatti la leader di Fratelli d'Italia che supera in questo caso proprio il suo più stretto alleato (lei in crescita con il 35%, lui in calo con il 31%). Il partito del Carroccio resta saldamente il primo partito in un rapporto più o meno di tre a uno con l'alleato. Però il calo nei consensi del «Capitano» e il progressivo crescere della Meloni è un elemento che gli analisti di cose politiche analizzano con i dovuti rilievi. I due leader agitano da tempo gli stessi vessilli, un sovranismo più populista quello della Lega, un nazionalismo più identitario la presidente di Fratelli d'Italia. Però da qualche mese hanno iniziato a smarcarsi l'uno dall'altro. Strategia questa che sembra aver premiato soprattutto l'ex coordinatrice di Azione giovani (ai tempi di An). Già a novembre la prima vivace dissonanza. Il dibattito politico si è interessato del futuro di Mario Draghi. Una volta terminato il mandato alla Banca centrale europea, Draghi è divenuto «appetibile» per tanti ruoli. A iniziare da quello più prestigioso. Salvini allora, alla domanda su una eventuale successione di Draghi a Mattarella aveva risposto con un'altra domanda (in inglese per altro). «Why not?» (perché no?). Gelato in quel caso dalla Meloni che, sempre in inglese, replicò «Not in my name» (non a nome mio). Sul discorso di fine anno dello stesso Mattarella fu poi accolto in modo affatto diverso (bocciato da Salvini, promosso dalla Meloni). L'ultima campagna elettorale in Emilia Romagna poi ha segnato in maniera plastica la differenza tra i due leader. La Meloni, ad esempio, ha preso le distanze dalla trovata salviniana di suonare al citofono di un «presunto spacciatore» nel quartiere bolognese del Pilastro in piena campagna elettorale. E quella presa di distanza è stata sicuramente produttiva visto che (a urne chiuse) si è poi saputo che ben il 39% di coloro che avevano votato centrodestra hanno giudicato negativamente il gesto di Salvini.

Prima di allora, però, fece scalpore la distanza dei due leader all'indomani dell'uccisione, da parte di un drone americano, del generale iraniano Soleimani a Bagdad.

Salvini in quel caso fu l'unico leader italiano ad accogliere con entusiasmo la notizia mentre la Meloni si esibì in una reazione ben più cauta e moderata ricordando tra l'altro la presenza proprio in Irak dei nostri soldati.

E per finire c'è la posizione sul coronavirus. Allarmista quella di Salvini, più rassicurante e ponderata quella della Meloni, che ha chiesto soprattutto chiarezza a Cina e Oms e di non provocare inutili allarmismi.

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