Soldi alle fondazioni, Renzi costringe i grillini a ritirare la "porcheria"

Attacco all'asse M5s-Pd-Leu: moralisti da social. E vedrà Conte: «Così si va a sbattere»

Soldi alle fondazioni, Renzi costringe i grillini a ritirare la "porcheria"

«Di giorno sui social fanno i moralisti, di notte in commissione salvano le loro fondazioni».

Ieri di buon mattino Matteo Renzi fa scoppiare il caso: «nottetempo», come racconta il vice capogruppo di Italia Viva Luigi Marattin, Pd, Leu e Cinque Stelle hanno votato tutti insieme in commissione un emendamento al decreto fiscale per posticipare di un anno l'entrata in vigore della norma contenuta nel cosiddetto, con orribile termine, «spazzacorrotti» che impone alle fondazioni le stesse regole sulla trasparenza e sulla gestione dei bilanci dei partiti politici.

«Gli stessi che ci hanno fatto la morale sulla fondazione Open, che ha tutti i dati trasparenti e pubblica i bilanci, hanno votato per rinviare l'equiparazione tra fondazioni e partiti», accusa Renzi. Per i Cinque Stelle l'imbarazzo è grande, tanto che Gigino Di Maio è costretto a correre ai ripari: «Bisogna togliere quella porcheria, deve tornare subito in commissione». Peccato che la «porcheria», raccontano da Italia Viva, fosse stata concordata nella maggioranza, con l'avallo dei grillini: «La richiesta era arrivata da chi, come Ugo Sposetti, amministra grosse fondazioni legate a partiti che hanno gestioni forse non così trasparenti come Open», dicono. In un primo tempo l'emendamento era stato presentato da Leu, e la settimana scorsa Renzi lo aveva già denunciato: «Forse qualche fondazione ha qualche amico dentro Leu?», aveva chiesto polemicamente. Gli esponenti bersaniani avevano parlato di «emendamento tecnico» per dare tempo agli «organi di controllo» di fare le loro verifiche, ma si erano comunque affrettati a ritirarlo. La richiesta di modifica era però rispuntata in commissione, stavolta a firma del deputato Pd Mancini, ed era stata votata da tutti, tranne i renziani. Ieri Mancini si è detto pronto a farla togliere, dopo l'esplosione della polemica. «La legge riguarda migliaia di associazioni, ed è al momento inapplicabile. Ma se si sospettano secondi fini siamo pronti a cambiare il decreto». E (mentre Casaleggio fa sapere di non «temere» l'inchiesta parlamentare sulla sua Srl di partito) il Pd si affretta a dichiarare che «il caso è chiuso».

Ma per Italia Viva si tratta di un ennesimo segnale della «mancanza totale di regia politica nella maggioranza». Per questo Renzi chiede un incontro al premier Conte, che ci sarà in settimana: «Ci sono troppe questioni aperte: Pd e M5s stanno litigando sul Mes. Poi c'è Alitalia, la prescrizione, la Banca Popolare di Bari, l'autonomia su cui Boccia è andato avanti da solo...». Senza contare la legge elettorale, che avrebbe dovuto essere una delle priorità del nuovo esecutivo e su cui invece si è ancora lontanissimi da intese di coalizione. Secondo l'ex premier, senza una gestione autorevole dei mille dossier aperti l'esito è segnato: «Così si va a sbattere».

Ai renziani non è piaciuta neppure l'informativa di Conte sul Mes: «Lo

abbiamo applaudito per dovere, ma è stato deludente - dice un dirigente di Iv - il premier ha ridotto tutto ad un battibecco tra lui e Salvini: nessun ragionamento alto sulla nostra scelta europea, nessuna autorevolezza».

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