L 'ora del tanto atteso faccia a faccia tra Donald Trump e Xi Jinping è arrivata. Il leader di Pechino è sbarcato a Mar-a-Lago, il resort del tycoon in Florida ribattezzato la «Casa Bianca d'inverno», per il vertice di due giorni che lo stesso Trump la settimana scorsa ha definito «molto difficile». Un test cruciale per le relazioni bilaterali, ma anche per la stabilità della regione. Probabilmente «The Donald» ha scelto la residenza di Palm Beach (dove sono presenti anche le rispettive consorti) con l'obiettivo di alleggerire quello che sarà l'incontro più complesso avuto dall'inizio del suo mandato, già definito da più parti «un appuntamento al buio con ramificazioni globali». Le divergenze, tra due leader che non potrebbero essere più diversi, sono numerose e profonde, in particolare sui due dossier più scottanti, la situazione in Nord Corea e il commercio. Trump nei mesi scorsi non ha lesinato gli attacchi, affermando che Pechino è impegnata in uno «stupro» dell'economia americana, che il riscaldamento globale è uno stratagemma cinese per danneggiare la produzione a stelle e strisce. E promettendo, durante la campagna elettorale, di fermare quello che ha definito il furto di posti di lavoro americani da parte della Cina.
Mentre la settimana scorsa ha ribadito che gli Stati Uniti «non possono più tollerare un massiccio deficit commerciale e la perdita di posti di lavoro». L'obiettivo di Xi è scongiurare a tutti i costi la guerra commerciale minacciata dal tycoon, e per questo sarebbe pronto a mettere sul piatto prima di lasciare la Florida nuovi investimenti negli Usa per parecchi miliardi di dollari, soprattutto sui progetti infrastrutturali che Trump vuole rilanciare per creare posti di lavoro e ammodernare il Paese. Intanto la Cina ha avviato operazioni finanziarie in controtendenza per aumentare, seppur marginalmente, il valore dello yuan sul dollaro e spiazzare il miliardario newyorkese, mostrando la volontà di non fare concorrenza sleale. Secondo diversi osservatori, proprio un eventuale avvicinamento delle posizioni sul commercio potrebbe essere la chiave di volta per affrontare anche il nodo spinoso della Nord Corea. Per altri, invece, è Pyongyang il banco di prova per le relazioni tra Washington e Pechino, e per aprire un eventuale canale su altri fronti.
Nei giorni scorsi, Trump ha mostrato i muscoli avvertendo la Cina che se «non ci aiuterà e non aumenterà le pressioni sul regime di Kim Jong-un, gli Stati Uniti agiranno da soli», e sottolineando che l'America è pronta a decidere «azioni unilaterali» per eliminare la minaccia nucleare. «La Cina ha una grande influenza sulla Corea del Nord, e deve decidere se aiutarci o meno», ha precisato. Mentre dopo il lancio di un altro missile balistico a medio raggio nel Mar del Giappone, un dirigente della Casa Bianca ha avvertito che «il tempo sta per scadere e tutte le opzioni restano sul tavolo». Al vaglio dell'amministrazione Usa ci sono sanzioni economiche, anche contro entità cinesi che fanno affari con la Nord Corea, attacchi informatici e azioni militari. Per i funzionari dell'amministrazione americana si tratta comunque di un incontro preliminare, con l'obiettivo di gettare le basi per un rapporto futuro tra i due Paesi.
Il timore dei cinesi, però, è che il vulcanico Commander in Chief metta in imbarazzo il compassato Xi. E proprio perchè Pechino è consapevole dell'imprevedibilità di Trump, per ridurre al minimo la possibilità di sgarri nel protocollo, l'intenzione è di mantenere il vertice il più possibile privato, con pochi e ben pianificati momenti aperti alla stampa.
Peraltro, il fatto che il leader cinese non soggiorni a Mar-a-Lago (ma all'Eau Palm Beach Resort&Spa) è indicativo del desiderio che il suo Paese non sia visto come soggetto alle richieste americane. E Trump non può neanche puntare sulla tanto amata diplomazia del golf, visto che Xi ha chiuso tutti i campi e bandito lo sport dalla Cina.
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