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"Sono io sconcertato per l’uscita di Draghi: ha scelto lui la strada che porta alle elezioni. Sarà il centrodestra a garantire la stabilità"

Il leader di Forza Italia al "Giornale": "Non mi aspettavo che finisse così, sono stato io al principio del 2021 a chiedere la nascita di questo governo come risposta alle emergenze del Paese.

"Sono io sconcertato per l’uscita di Draghi: ha scelto lui la strada che porta alle elezioni. Sarà il centrodestra a garantire la stabilità"

Presidente Berlusconi, c'è un po' di sconcerto in giro per il precipitare della crisi politica che ha portato alle dimissioni di Draghi. Com'è potuto accadere?

«Per la verità il primo ad essere sconcertato sono io. Sono stato io, al principio del 2021, a chiedere la nascita del governo Draghi come risposta alle emergenze del Paese e Forza Italia è stata, fra i partiti di governo, quello più leale e costruttivo. Nei giorni scorsi i Cinque Stelle, in grave difficoltà, hanno ritirato la fiducia al governo creando una situazione che lo stesso presidente Draghi ha definito insostenibile. E proprio per questo meno di una settimana fa ha rassegnato le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato. Di fronte a questo, noi abbiamo chiesto di rifare un patto di governo, sotto la guida di Draghi, su basi nuove, coerenti, solidali. Questo implicava ovviamente sostituire i ministri ed i sottosegretari grillini, espressione di una forza politica che si era chiamata fuori dalla maggioranza. Era l'unica strada per concludere la legislatura, come noi avremmo voluto, con sei mesi di lavoro utile al Paese. Il Presidente del Consiglio ha scelto un'altra strada, che conduce alle elezioni. Perché lo abbia fatto, è una domanda che andrebbe rivolta a lui. Noi eravamo prontissimi a continuare a sostenerlo, ed anche a pagare per questo un prezzo in termini di consenso».

C'è il tentativo della sinistra, con ricostruzioni di comodo, di indicare come responsabili di questa crisi non solo i grillini di Giuseppe Conte, ma anche il centro-destra di governo. Il solito gioco...

«Un gioco davvero sfacciato e di poco respiro. Noi la crisi abbiamo fatto di tutto per evitarla. Quanto abbiamo detto e scritto in Parlamento in questi giorni confusi sta a dimostrarlo. Il Paese non può permettersi la paralisi, in un momento nel quale bisogna realizzare gli obbiettivi del PNRR. La guerra ai confini dell'Europa e dell'Occidente pone in pericolo la sicurezza di tutti, il rincaro dell'energia e delle materie prime sta avviando una spirale inflazionistica deleteria per il risparmio degli italiani. Per questo eravamo pronti a qualsiasi sacrificio, ma non ci hanno ascoltato. Il Pd ha giocato questa partita in modo esclusivamente tattico, pensando a mettere il cappello su Draghi per superare le proprie difficoltà e le proprie contraddizioni. Tutto questo sulla pelle degli italiani».

Si aspettava che Mario Draghi, invece, di prendere atto pubblicamente dell'impossibilità di mantenere Conte nell'area della maggioranza, appoggiasse una risoluzione generica come quella presentata da Pierferdinando Casini che di fatto vi ha indotto a non votare la fiducia?

«Non mi aspettavo che finisse così. Avevo anticipato personalmente al Presidente del Consiglio quali fossero le nostre intenzioni. Ho sperato fino alla fine che la razionalità e l'amore per l'Italia prevalessero, da parte di tutti. Voglio però ribadire che noi non abbiamo negato la fiducia al governo, non abbiamo partecipato ad una votazione che non aveva nessuna logica. Dopo tutto quello che era successo, dopo che lo stesso Presidente Draghi aveva invocato una ripartenza, che senso avrebbe avuto concludere il dibattito al Senato votando un documento che lasciava irrisolte tutte le questioni aperte? Che anzi non diceva assolutamente nulla? La mozione Casini era semplicemente un espediente tattico voluto dal Pd per non dover affrontare scelte importanti per il futuro del Paese».

Cosa bisogna fare per rassicurare i nostri alleati a livello internazionale e i mercati che non si aspettavano un epilogo del genere?

«A questo punto l'unica cosa da fare è votare il più presto possibile, sapendo che dalle elezioni uscirà una maggioranza chiara e definita, di centro-destra, alla quale la nostra presenza darà un carattere rigorosamente atlantista e europeista, liberale e cristiano. I nostri alleati si aspettano credibilità e stabilità. Saremo noi a garantirla, badando a non disperdere quanto di buono c'è stato nell'esperienza del governo Draghi ed è molto, anche per merito nostro - e a continuarne l'opera, imprimendo una svolta liberale all'azione di Governo per accelerare lo sviluppo».

A questo punto vede un'altra strada percorribile oltre a quella delle elezioni anticipate in autunno?

«Purtroppo no. L'irresponsabilità dei grillini e i tatticismi del Pd ci hanno condotto a questo punto. Premesso questo, le elezioni non sono una bestemmia, il momento è sbagliato ma in democrazia dare la parola al popolo sovrano è sempre la più alta forma di legittimazione. Dopo 11 anni, finalmente gli italiani potranno decidere da chi vogliono essere governati. La democrazia è un bene prezioso, del quale può disporre solo un miliardo e mezzo di persone, su otto miliardi di abitanti della terra. Teniamocela stretta e ridiamole il giusto valore».

Immagino che lei si candiderà? Una nuova sfida.

«Sarò ovviamente in campo, alla guida di Forza Italia. È una nuova grande battaglia di libertà, che affronterò con l'entusiasmo di sempre. Del resto ero già al lavoro da settimane per preparare il programma per le elezioni del 2023. Ora si tratta di accelerare, ma molto del lavoro è già fatto».

C'è l'idea di una federazione tra Forza Italia e la Lega, addirittura di una lista unica per le elezioni. È un'ipotesi concreta?

«No, non lo è mai stata. La Lega è un alleato leale, siamo forze politiche diverse, espressione di culture diverse, con un linguaggio e uno stile politico diverso. Ci rivolgiamo ad elettorati diversi. Possiamo lavorare bene insieme, come abbiamo fatto nei giorni scorsi, confrontandoci con tutte le formazioni del centro-destra di governo sulle iniziative politiche da intraprendere, mantenendo ciascuno la propria identità. C'erano la Lega, l'UDC e Noi con l'Italia. Noi siamo liberali, cristiani, europeisti, garantisti. Siamo l'unico centro possibile, alleato con la destra democratica, nel solco del Partito Popolare Europeo, che abbiamo l'orgoglio di rappresentare in Italia».

La questione della premiership nelle ultime tornate elettorali ha creato non pochi problemi dentro il centro-destra, ha alimentato il dualismo Salvini-Meloni, non sarebbe il caso di fissare delle regole riconosciute da tutti?

«Credo sinceramente che questo sia il meno importante dei problemi. Quello che dobbiamo definire non è un nome, è un progetto comune da proporre agli italiani, credibile in Europa e nel mondo. Poi, alla fine del percorso, ragioneremo insieme sul nome più appropriato da proporre al Presidente Mattarella come nuovo Presidente del Consiglio».

La fine traumatica del governo Draghi ha provocato l'uscita di Mariastella Gelmini e Renato Brunetta da Forza Italia. Cosa ne pensa?

«Riposino in pace. Non sono abituato a commentare le decisioni di chi tradisce senza motivazioni e senza prospettive politiche. Io rispetto sempre le scelte di tutti. Anche quelle sbagliate. Però mi dispiace, sul piano personale, il modo in cui è avvenuta».

Vista la fine del governo Draghi e le polemiche che si sta portando dietro e i sondaggi che danno favorita l'alleanza di centro-destra si prospetta una campagna elettorale complicata. Si aspetta colpi di mano da parte della sinistra per condizionare le elezioni?

«Ho visto molte scorrettezze elettorali nel passato, sempre commesse dalla sinistra ai nostri danni. Talora con l'aiuto di alcuni settori politicizzati della magistratura. Ma ho fiducia nella tenuta del nostro sistema democratico.

Guai se non fosse così».

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