Roma La migliore delle sconfitte, secondo tanti a partire dal premier Paolo Gentiloni e tutti quelli che ieri hanno spiegato che Milano è la vincitrice morale della selezione per la nuova sede dell'Ema. Ma è stata anche la peggiore, perché è un termometro del peso dell'Italia in Europa. Delle difficoltà dell'Ue a prendere decisioni. E anche perché non potremo capitalizzare la batosta, battere cassa lamentando di avere subito un torto o rivendicato il beau geste del ritiro.
Al Consiglio Affari Generali, organismo che riunisce i ministri degli Esteri o degli Affari europei, la candidatura di Milano è passata in pole position nelle prime prove, quelle di valutazione del merito delle città che si sono candidate a ospitare l'Agenzia europea del Farmaco in uscita da Londra. Poi le votazioni, tutte vinte, fino all'ultimo pareggio. I voti di Copenhagen, uscita al secondo turno, sono in parte confluiti su Amsterdam permettendo all'Olanda di colmare il gap con Milano. Quindi il sorteggio che ha premiato la Venezia del Nord. Stessa sorte per Parigi, diventata sede dell'Eba, l'autorità bancaria europea solo grazie al sorteggio finale. Un caso oppure - interpretazione sentita più volte ieri - il frutto di un gioco diplomatico deliberato per arrivare al pareggio.
A pensarla così è ad esempio il governatore della Lombardia Roberto Maroni. Se ne sono «lavati le mani». Responsabilità declinate probabilmente con il fine di «arrivare 13 pari, per affidare il destino alla sorte».
La sconfitta al fotofinish era data come altamente probabile, non la debalcle della pallina estratta. Per una parte del mondo politico l'estrazione è stata il pretesto per allontanare ogni responsabilità. Ad esempio il premier Paolo Gentiloni: «Una candidatura solida sconfitta solo da un sorteggio. Che beffa!», ha twittato subito dopo la decisione. Tantissimi hanno criticato la metodologia. «Come perdere i mondiali con la monetina», secondo il sottosegretario agli affari Europei Sandro Gozi che ha rappresentato l'Italia al Consiglio. «Profondo rammarico anche per il metodo», per il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Scelta «stravagante» per il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda.
Ma ci sono anche colpe storiche e recenti dell'Italia che hanno pesato in modo determinante. Dietro i 13 voti contrari, un'aura di antipatia e debolezza che l'Italia si è costruita in Europa negli ultimi tre anni.
I grandi Paesi, Germania, Spagna e probabilmente anche la Francia, hanno scelto Amsterdam. A votare per l'Italia sarebbero stati alcuni Paesi dell'Est (la Croazia ad esempio) e la Svezia; la Grecia e la Romania.
Pesano ancora le forzature del governo Renzi e, negli ultimi mesi, gli screzi sui conti italiani, diventati un caso di rilievo europeo. La Commissione ha concesso sconti al governo sul deficit, ma si è spaccata sull'eccesso di discrezionalità usata nei confronti di Roma. Ultimo capitolo, l'affondo contro il governo del vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen, che ha accusato l'Italia di mentire sui conti.
«Ora chi si dimetterà per la sconfitta di Milano per la sede Ema? Bisognava vincere prima con un'adeguata azione politico-diplomatica.
Non ridursi al sorteggio», ha protestato il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. All'attacco Matteo Salvini che ha chiesto di «ridiscutere i 17 miliardi all'anno che gli italiani versano a Bruxelles». Inevitabile. L'esclusione di Milano rafforzerà i sentimenti anti Ue, già forti in Italia.
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