S&P lancia l'allarme Italia: "Rischia la fine della Grecia"

L'agenzia di rating: «Dal governo leggi senza coperture e minibond. Così è in discussione l'adesione all'euro»

S&P lancia l'allarme Italia: "Rischia la fine della Grecia"

Senza riforme ortodosse l'Italia rischia di fare la fine della Grecia. È l'allarme rosso lanciato ieri da Standard & Poor's che ha alimentato le vendite sul mercato facendo risalire anche lo spread: il FtseMib, ovvero l'indice principale di Piazza Affari, ha chiuso la seduta lasciando sul terreno lo 0,30%, in controtendenza rispetto alle altre Borse europee tutte positive. E il differenziale tra Btp e Bund tedeschi ha ripreso quota a 195 punti base dai 188 di giovedì.

Cosa scrive l'agenzia di rating Usa? Al momento per l'Italia non c'è «uno scenario da crisi del debito pubblico», si legge in un report sull'andamento dei rating nei Paesi della Ue diffuso ieri. Tuttavia, è l'unico Paese sovrano dell'Eurozona con outlook negativo e se i politici perseguiranno soluzioni non ortodosse - come l'introduzione di una valuta parallela o di misure di bilancio senza copertura - l'adesione del nostro Paese all'area Euro potrebbe essere messa in discussione. In extremis, scrive S&P, «potrebbe quindi verificarsi una nuova crisi di fiducia come quella avvenuta in Grecia nel giugno 2015».

Le responsabilità, per gli esperti dell'agenzia, sono chiare: «Dopo aver vinto le elezioni parlamentari del marzo 2018, l'attuale coalizione di governo ha velocemente congelato le modeste iniziative di riforma e ha iniziato a contrastare la Commissione Europea nel suo mandato di vigilare sull'osservanza da parte degli Stati membri della regolamentazione fiscale dell'Unione».

Una controversia aperta tra il governo di un Paese e le istituzioni europee, prosegue il report, ha effetti «a catena» anche «sul settore privato dell'economia, comprese le basi di finanziamento del sistema bancario di un paese». Un film già visto nel giugno del 2015 ad Atene, che però aveva un'economia molto più piccola (meno del 2% del Pil della zona Euro). Il problema, dunque, è capire se il copione potrebbe ripetersi anche un'economia molto più grande come l'Italia, che rappresenta il 15% del Pil dell'Eurozona. E che quindi ha una rilevanza sistemica molto più grande.

Perché la crescita in Italia è stata così bassa? In primo luogo, i prestiti bancari hanno subito un forte rallentamento a partire dal 2010. Non solo. La propensione del settore privato italiano al risparmio piuttosto che all'investimento è diventata ancora più marcata. Quindi, sostengono dall'agenzia, «anche se l'economia italiana è molto più ricca di quella greca, le rigidità che caratterizzano il mercato del lavoro e il tessuto produttivo sono simili e frenano l'ingresso di nuovi attori e gli investimenti, con un impatto negativo sulla crescita». S&P prevede nei prossimi giorni un lento aumento del debito pubblico, accompagnato da un'ulteriore riduzione della leva finanziaria nel settore privato. E ritiene che la nostra economia ristagnerà nel 2019 prima di riprendersi l'anno prossimo (0,6%).

L'allarme lanciato dall'agenzia di rating arriva all'indomani delle dichiarazioni del

presidente della Repubblica Sergio Mattarella, secondo il quale è decisivo che l'Italia non sia isolata in Europa. Se il nostro Paese dovesse andare allo scontro con l'Ue sui conti pubblici il salvagente della Bce non basterà più.

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