
Incontra per strada l'assassino del figlio e lo uccide. Vendetta a colpi d'arma da fuoco, ieri mattina, a Rocca di Papa. A morire con un colpo calibro 38 Franco Lollobrigida, 35 anni, condannato a 10 anni per l'omicidio di Giuliano Palozzi, 34 anni, avvenuto nel 2020.
Guglielmo Palozzi, 62 anni, operatore ecologico, alle 9 è in un bar con il sindaco della cittadina castellana. "Ci siamo presi un caffè - spiega Massimiliano Calcagni -, era calmo". Alle 10 è in cima alla salita di via Roma con il carretto degli attrezzi. Incontra Lollobrigida. Aspetta il momento giusto da quando è stato scarcerato, due anni fa. La vittima fugge chiedendo aiuto, l'altro lo insegue e spara. Un solo colpo poi si allontana. Il proiettile centra in pieno il polmone sinistro, di spalle, sfiorando l'aorta, spiega il medico legale. La vittima si trascina per una decina di metri, fino in piazza della Repubblica. Poi si accascia alla fermata dei pullman, vicino ai giardinetti. Inutile il tentativo di tenerlo in vita dei primi soccorritori, fra i quali sindaco e vicesindaco, Ottavio Atripaldi. Arrivano i carabinieri di Frascati. Poco distante viene fermato e arrestato l'omicida. È in stato confusionale Palozzi, non riesce a spiegare dove ha gettato l'arma. Viene portato in caserma in attesa di essere interrogato dal pm. "Ha ucciso mio figlio per quattro soldi" le uniche parole che riesce a pronunciare. Un omicidio dal movente chiaro, un odio che porta al 27 gennaio 2020 quando Giuliano Palozzi viene picchiato a morte per un debito di droga, 25 euro, che doveva proprio a Lollobrigida.
Quella sera maledetta Palozzi deve incontrare una spacciatrice in via Frascati, sotto casa. Lo viene a sapere Lollobrigida che si presenta all'appuntamento per dargli una lezione. I due discutono. Secondo l'aggressore, Giuliano estrae un'arma, un coltello o una pistola. È buio e quello che vede è solo un riflesso su un oggetto metallico. Franco reagisce e gli tira un calcio al braccio per disarmarlo. Poi sferra un pugno e se ne va. A processo Margherita Fortini, una delle prime a soccorrerlo, racconta che Lollobrigida le disse poco prima al telefono: "Lo pisto di botte". Di fatto Giuliano, sanguinante, ha il tempo di mandare un messaggio al fratello Lorenzo per chiedere aiuto. "Mi hanno pestato in due" scrive. Anche Franco gli messaggia: "Ha tirato fuori una pistola, gli ho dato una sventola". Quando arriva l'ambulanza il 34enne è incosciente, costole rotte, cranio sfondato, grave ematoma su una tempia. Entra in coma, da Frascati viene trasferito all'Umberto I di Roma. Cinque mesi dopo, l'11 giugno 2020, muore.
Chi l'ha ridotto in fin di vita a calci e pugni? Secondo l'inchiesta più persone. L'unico imputato si difende. "Non sono stato io, avrei avuto i vestiti imbrattati di sangue, gli ho dato solo un cazzotto". Nel 2023 Lollobrigida, precedenti per droga, maltrattamenti e incendio doloso, viene rinviato a giudizio. Nel marzo 2024 la Corte d'Assise di Frosinone lo assolve per insufficienza di prove. I familiari della vittima e il pm Travaglini ricorrono in appello. Viene rimesso in libertà. In secondo grado, maggio 2025, Lollogrigida viene condannato a 10 anni di carcere per omicidio preterintenzionale.
Libero in attesa della sentenza della Cassazione. Fino a ieri mattina, quando incontra il suo carnefice, deciso a vendicare il figlio ucciso a calci e pugni per pochi spiccioli. L'uomo è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.