D unque il governo perde un altro pezzo. Stavolta tocca a Francesca Barracciu, sottosegretario alla Cultura, rinviata in mattinata a giudizio a Cagliari nell'ambito dell'inchiesta «Spese pazze» e dimessa dopo pranzo al termine di una telefonata con Palazzo Chigi dove non trova sponde. «Non le ho chiesto di andarsene - racconta Renzi - è stato un gesto di rispetto apprezzabile». L'accusano di peculato aggravato, per l'uso improprio di fondi in dotazione ai gruppi del consiglio regionale della Sardegna: la cifra contestata si aggira attorno agli 81mila euro. Lei si difende così: «Sono innocente e amareggiata, ma fiduciosa nel percorso della giustizia».
Intanto è costretta a lasciare l'incarico. La Barracciu, ex candidata alla presidenza della Regione, ex consigliera regionale del Pd, dovrà comparire il prossimo dei febbraio davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Cagliari. Il gup Lucia Perra infatti ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Marco Cocco, titolare della maxi-inchiesta sulle spese dei fondi destinati ai gruppi del consiliari nelle passate legislature, soppressi poi in quella in corso.
La Barracciu era il volto nuovo del Pd sardo. Dopo aver lasciato il consiglio regionale, era stata eletta al Parlamento europeo e aveva pure stravinto le primarie in vista delle Regionali del 2014. Ma, travolta dalle polemiche per il suo coinvolgimento in «Spese pazze», il partito l'aveva spinta a ritirarsi dalla corsa, lasciando così spazio a Francesco Pigliaru, oggi governatore. Salvo poi essere politicamente «ricompensata» con la nomina a vice di Franceschini.
Una scelta molto contestata, soprattutto dai Cinque stelle, che Matteo Renzi all'inizio aveva difeso con vigore: «Non ci si dimette per un avviso di garanzia, per me un cittadino è innocente finché la sentenza non passa in giudicato». E la Boschi: «L'avviso è un atto di tutela nei confronti degli indagati, non un'anticipazione di condanna». Però, «all'esito del procedimento il governo valuterà se chiedere le dimissioni del sottosegretario».
Quel momento è arrivato e la Barracciu, nel giro di poche ore, ha dovuto salutare. «Affronterò il processo con serenità, nella certezza di essere totalmente innocente. Voglio inoltre evitare che strumentalizzazioni politiche e mediatiche coinvolgano l'attività del governo, per questo ritengo doveroso dimettermi e avere tutta la libertà e l'autonomia necessarie in questa battaglia dalla quale uscirò a testa alta».
Renzi tira un respiro di sollievo, niente Lupi-bis, il caso si è chiuso nel giro di mezza giornata. «Il rinvio a giudizio non è come un avviso di garanzia». Del resto, con le amministrative vicine e i grillini in rimonta, era difficile per il premier reggere una linea super-garantista. «Apprezziamo il suo gesto di sensibilità istituzionale - la liquida il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerrini - e siamo certi che potrà dedicarsi a chiarire la sua posizione». Per Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera, «è una scelta che le fa onore». Secondo il ministro Dario Franceschini «in un anno e mezzo ha lavorato con passione e competenza, ora si batterà per dimostrare». Ma M5S insiste: «Fuori un'altra, avanti il prossimo», si legge sul sito del movimento. E Giorgio Sorial, capogruppo alla Camera: «Tra le fila del governo ci sono altri impresentabili, sarebbe opportuno che facessero un passo indietro».
di Massimiliano Scafi
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