Paolo Magri, direttore dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) e docente di Relazioni Internazionali all'Università Bocconi, che cosa cambia con il Putin IV sulla scena internazionale?
«Con questo risultato Putin ha la conferma - semmai avesse avuto dubbi - che il suo protagonismo in politica internazionale, dall'Europa al Medio Oriente, paga elettoralmente soprattutto in un Paese dove l'informazione su ciò che fa la Russia all'estero è fortemente controllata dai media vicini al regime»
La vicenda dell'ex spia russa uccisa a Londra lo ha aiutato sul fronte interno?
«Il portavoce di Putin ha ironizzato ringraziando Theresa May per il risultato elettorale. Ciò che è certo è che le accuse inglesi e di altri Paesi hanno rafforzato quella visione complottista contro la Russia, che è storicamente molto forte nella classe politica e nell'opinione pubblica di quel Paese».
Londra e l'Europa hanno elementi sufficienti per puntare il dito su Mosca?
«Non si avranno mai elementi sufficienti e certi perché questo tipo di azioni avviene sempre in zone grigie dove l'attribuzione di responsabilità precise è sempre complessa. Mi pare però difficile dare credibilità a chi sostiene che la responsabilità degli avvelenamenti di Salisbury sia attribuibile a oppositori di Putin che volevano indebolirlo».
Che cosa può cambiare d'ora in poi in Medio Oriente?
«Nonostante la conferma di Putin come leader indiscusso della Russia, il presidente russo dovrà definire nei prossimi mesi una exit strategy della crisi siriana che non pregiudichi il ruolo rilevante riconquistato dalla Russia nella regione ma nello stesso tempo non imprigioni Mosca in una crisi senza fine, come in passato fu l'Afghanistan».
L'exit strategy contemplerà per forza la salvezza del presidente siriano Assad? Oppure Putin potrebbe sacrificarlo?
«Per come si è evoluta in questi sette anni la situazione sul terreno, l'unità dello stato siriano appare compromessa sia nell'ipotesi della permanenza al potere di Assad che in caso di una sua uscita di scena».
Putin è una minaccia per l'Europa oppure è solamente un leader che non riusciamo a decodificare con i nostri parametri occidentali?
«Entrambe le cose. Perché da un lato certe azioni della Russia sfidano apertamente la costruzione dell'Unione europea, dall'altro Mosca rappresenta un sistema politico ed economico alternativo con il quale incontriamo difficoltà ad identificare punti di contatto, commettendo a volte anche errori».
Per l'Europa la Russia resta comunque un partner importante. Crede che saranno varate altre sanzioni? C'è chi preme per cancellare quelle introdotte nel 2014 dopo l'annessione della Crimea?
«Dubito che nel breve periodo ci possano essere in Europa e negli Stati Uniti le
condizioni per togliere le sanzioni. C'è anzi il rischio che, soprattutto da Washington, si facciano ulteriori passi che colpiscano individui o settori dell'economia russa. Come peraltro già successo la scorsa settimana».
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